Un trend secolare che rivoluziona la finanza e l’economia reale

ESG

Le performance economiche delle società dipendono sempre più dalla loro consapevolezza dei criteri ambientali, sociali e di governance

Acqua cristallina a Venezia, aria più pulita nelle metropoli, animali che rioccupano gli spazi urbani. Il confinamento ci ha fatto scoprire cosa rappresenta un calo del 5% delle emissioni di CO2. Ma ci ha anche dato la misura di quanto sarà difficile raggiungere l’obiettivo elaborato alla conferenza sul clima Cop21 del 2015, che prevede una riduzione della temperatura dello 0,5% ogni anno fino al 2030, a fronte di una crescita dello 0,3% all’anno negli ultimi cinque.

Ecco perché nel mondo post Covid – ne sono convinti a Montpensier Finance, società di gestione indipendente che dalla sua fondazione, nel 2004, è specializzata sugli investimenti Esg, gli attori chiave (aziende, governi, consumatori e investitori) accelereranno ancora di più sui temi Esg, dalla decarbonizzazione alle nuove mobilità, dalla stakeholder economy all’Sri investing.

«Le masse in gestione con criteri Esg», sottolinea al proposito Lorenzo Gazzoletti, CEO di Montpensier Finance, «hanno raggiunto i 30mila miliardi di dollari, il doppio del Pil della zona euro. Sono all’80% masse di investitori europei, investiti in azioni globali con un approccio attivo. L’afflusso sugli investimenti Esg è un fiume in piena che nemmeno il Covid può rallentare: negli ultimi 18 mesi i flussi sono stati di +132 miliardi, mentre i fondi non-Esg hanno perso 315 miliardi. Siamo di fronte a una “driving force” che impone alle aziende quotate un cambio di passo epocale su tutti e tre gli assi Esg: environment, con politiche aziendali su metodi di produzione, gestione immobili e viaggi volte a un obiettivo zero emissioni carbone; social, con un’attenzione rinnovata a parity, smart working, diritti umani e del lavoro nella catena dei fornitori, sicurezza dei prodotti e informazione al cliente; governance, con standard ormai elevatissimi di trasparenza, parità di genere negli organi di comando, gestione dei conflitti di interesse, informazione degli azionisti e del mercato».

ANALISI EXTRA FINANZIARIA
In aggiunta alle esclusioni canoniche (estrazione del carbone, armamenti, tabacco, Ogm ecc.) Montpensier Finance ha sviluppato per il suo fondo di punta Best Business Models un metodo proprietario di analisi extra finanziaria basato su due indicatori: Montpensier Governance Flag, che verifica per ogni azienda le best practice legate al tema della corporate governance e la convergenza degli interessi del management e dei suoi azionisti; Montpensier Impact Assesment, che si basa sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu per analizzare l’impatto sociale e ambientale delle aziende. Sono incluse solo le aziende le cui attività contribuiscono positivamente al raggiungimento di questi obiettivi. Montpensier punta soprattutto su due macro temi sostenibili: l’urbanizzazione e la transizione energetica.

L’EMERGENZA CLIMATICA
Gli investitori hanno un ruolo chiave da svolgere nell’affrontare le sfide legate al global warming. E le aziende saranno parte della soluzione. Ecco perché l’anno scorso, la società di gestione francese ha lanciato M Climate Solutions, un fondo azionario tematico internazionale che ha ottenuto il label Greenfin. Si rivolge alle aziende che hanno un impatto reale sulla transizione climatica ed energetica e che beneficiano di tendenze di crescita secolari e di flussi di investimento a lungo termine. Un piano globale di ripresa climatica potrebbe sostenere una ripresa economica, contribuendo al tempo stesso a raggiungere gli obiettivi climatici. E «l’Europa», dice Gazzoletti, «gioca un ruolo di leader con l’enorme piano della commissione Ue denominato Green Deal e finanziato anche con il 30% delle risorse del recovery fund. L’impatto diretto e indiretto del Green Deal è stato stimato a 7mila miliardi su 20 anni, equivalente al 50% del Pil dell’Eurozona. Si tratta di un piano di portata storica, comparabile solo al Piano Marshal del dopoguerra per portata e impatto sulla direzione strategica dell’economia. Il Green Deal prevede interventi e strategie sulle quattro aree che stanno dietro al 70% delle emissioni di carbone: produzione dell’energia, trasporto aereo e terrestre, riscaldamento delle case, produzione industriale (metalli, chimica, meccanica). Tutti i settori sono impattati nelle strategie a lungo termine e nella conseguente politica di investimento. Nel petrolifero, i nuovi investimenti sono quasi a zero per l’estrazione e accelerati sui progetti per le energie rinnovabili. Nell’auto, gli impianti di produzione motore a scoppio sono chiusi per finanziare ricerca e investimenti sulle batterie dell’auto elettrica. Nell’alimentare, la pressione è fortissima per l’abbandono della plastica monouso e la ricerca di nuovi materiali di packaging. Nel tessile e nella moda, la pressione è forte al rimpatrio delle catene di produzione perché i consumatori e i retailer sanzionano pesantemente ogni rumor di non rispetto dei diritti dei lavoratori. Le utilities, infine, investono massicciamente nelle installazioni di energie rinnovabili e nel rinnovo delle reti elettriche».

Commento a cura di Nino Gavioli

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