Sembra difficile che il mercato azionario possa replicare le ottime performance archiviate lo scorso anno. Il ciclo economico però resterà intatto. E se il comparto diventa sempre più sfidante, le opportunità da cogliere non mancano. A cominciare dall’Asia
Si respira un deciso ottimismo tra gli investitori. La recessione che ha colpito il mondo (Cina a parte) è stata dura e profonda. Ma anche breve. E ora che sono arrivati i vaccini e (Europa a parte) si stanno somministrando a gran ritmo, con l’obiettivo di raggiungere presto l’immunità di gregge, anche l’economia dovrebbe riprendersi in fretta. Cresce la fiducia dei consumatori e delle imprese. E si sta creando un contesto positivo per i mercati azionari. Ma la domanda è: quanto di questo ottimismo è già incorporata nelle attuali valutazioni? Lo abbiamo chiesto a banker e consulenti finanziari attraverso un sondaggio realizzato dal Centro Studi Le Fonti (nelle pagine seguenti, tutti i risultati). E per approfondire scenari, prospettive e opportunità, ma anche i rischi potenziali, abbiamo interpellato alcuni gestori e asset manager. Secondo Luca Giorgi, managing director, head of iShares and wealth di BlackRock in Italia, Grecia e Malta, «ipotizzando un sostanziale miglioramento del ciclo economico già a partire dalla seconda metà dell’anno e il mantenimento di tassi di interesse bassi, gli asset rischiosi, come le azioni, dovrebbero essere ancora favoriti nel 2021.
Potrebbero infatti regalarci ulteriori soddisfazioni, seppur con il caveat che non è più semplice come in passato proteggere i portafogli dai picchi di volatilità. Nelle ultime settimane in particolare si è assistito a un intensificarsi della rotazione settoriale, descritta già alla fine del 2020, con un progressivo alleggerimento delle posizioni growth, avvantaggiate dall’economia stay-at-home, per puntare su quei segmenti più ciclici, che hanno corso di meno, come i titoli finanziari e quelli legati al petrolio. Tuttavia, a nostro avviso, rimane fondamentale il tema della diversificazione, per cui è importante combinare nei portafogli temi pro-ciclici, legati alle riaperture, con l’esposizione a tendenze strutturali di lungo periodo, che portano a favorire ancora una volta allocazioni a tech e pharma, oltre che a sostenibilità e paesi emergenti». «Alla luce degli ultimi dati macroeconomici e con la speranza di una normalizzazione del problema della pandemia», conferma Cristina Matti, head of equities di Amundi, «crediamo che il 2021 possa rivelarsi un anno di crescita degli utili delle società quotate di una certa importanza. La base di partenza sarà favorevole, dato che i periodi di lockdown totale a inizio covid-19 hanno depresso gli utili prodotti dalle società. È altresì vero che il mercato azionario ha in parte anticipato questa aspettativa positiva ma riteniamo comunque che possa continuare a performare bene rispetto ad altre tipologie di investimento». Un anno fa, ricorda William Davies, cio Emea e responsabile globale azionario di Columbia readneedle Investments, ««le nostre previsioni erano che la ripresa avrebbe avuto una forma a “U” e che l’attività economica sarebbe ritornata ai livelli pre-pandemia entro la fine del 2022.
Tuttavia, l’elevata efficacia dei farmaci ci indurrebbe a credere che nel 2021 la ripresa dalla pandemia potrebbe essere più rapida del previsto, in particolare negli Stati Uniti. L’economia potrebbe quindi riprendere quota con un anticipo di addirittura nove mesi rispetto alle precedenti previsioni, il che implicherebbe un ritorno ai livelli pre-pandemia già agli inizi del 2022 se non alla fine del 2021. L’essenziale per noi è rimanere investiti nelle società che supereranno la crisi e che in ultima istanza beneficeranno della riapertura delle economie. Dall’inizio della pandemia e dei lockdown, i consumatori sembrano più propensi a comprare online articoli che prima preferivano acquistare in punti vendita fisici, come abbigliamento e calzature. La tendenza a favore dell’e-commerce ha quindi evidenziato un’accelerazione. Se a ciò si aggiunge l’accumulo dei risparmi personali dovuto all’impossibilità dei consumatori di spendere nella stessa misura in cui erano abituati, si prospetta una potenziale esplosione della domanda inespressa nel 2021 e nel 2022. Ci attendiamo che la crescita più rapida della spesa si registrerà nei settori che offrono “esperienze”, più colpiti dalla pandemia (ad esempio, tempo libero e viaggi), piuttosto che in quelli delle “cose” (lavatrici e automobili), un trend del resto già in atto da qualche anno.
Detto ciò, la ripresa assumerà forme complesse e diverse da una regione all’altra di cui sarà opportuno tenere conto. Potrebbe essere un errore ritenere che i viaggi in aereo e la permanenza negli alberghi torneranno ai livelli pre-crisi. La digitalizzazione dell’economia e la diffusione delle video conferenze rendono improbabile che i viaggi d’affari e la spesa aziendale torneranno ai livelli precedenti la pandemia». Il forte movimento del mercato nel primo trimestre, sottolinea Mark Phelps, cio e portfolio manager concentrated global equities di AllianceBernstein, «riflette la convinzione degli investitori che le aspettative di crescita economica globale stiano rapidamente aumentando, con previsioni di veri e propri boom economici per molti mercati, in particolare gli Stati Uniti. Le stime di crescita globale indicano un livello superiore al 6% per il 2021. Il motivo per cui gli Usa registreranno probabilmente una crescita particolarmente forte è dovuto a un nuovo pacchetto di stimoli da 1,9 miliardi di dollari approvato dall’amministrazione Biden. Il fatto che questo pacchetto sia necessario è ormai irrilevante, dato che la sua adozione è divenuta una quesitone politica. Una forte crescita globale sarà un bene per la redditività delle aziende, che è ciò che sta spingendo le azioni al rialzo.
Tuttavia, con gli Stati Uniti vaccinati, un tasso di risparmio più alto di quanto non sia mai stato da quando i dati sono stati disponibili nel 1959, vincoli di fornitura diffusi per alcuni beni e servizi, e il Congresso che lancia altri stimoli all’economia, sembra inevitabile che vedremo un aumento dell’inflazione quest’estate. Questa preoccupazione ha davvero preso piede tra gli investitori obbligazionari a metà febbraio, e improvvisamente si è parlato solo di un possibile taper tantrum del mercato obbligazionario. Da notare che il rendimento dei titoli del Tesoro Usa a 10 anni ha raggiunto l’1,6%, aumentando di 40 punti base in un paio di settimane. Questo, a sua volta, ha turbato gli investitori azionari, che fino a quel momento avevano avuto una visione abbastanza ottimistica delle prospettive dei tassi di interesse.
A conti fatti, crediamo che gli investitori saranno indotti a continuare a investire finché la crescita sarà robusta e la ripresa dell’inflazione sarà ritenuta temporanea; il che rappresenta la posizione della Federal Reserve». Shaunak Mazumder, senior fund manager di Legal & General Investment Management, fa notare che «date le ottime performance delle azioni lo scorso anno, è difficile che anche nel 2021 si vedranno gli stessi livelli. Il mercato azionario ha già prezzato una forte ripresa dell’economia, e gli stimoli fiscali da parte dei governi hanno contribuito a sostenere la fiducia degli investitori verso una ripresa molto forte che si prospetta all’orizzonte. In generale, le valutazioni azionarie non sono più attraenti, nemmeno rispetto ai rendimenti delle obbligazioni. Il ciclo economico resterà intatto, tuttavia il sentiment rialzista, le valutazioni, i fattori tecnici e la mancanza di sorprese politiche nell’immediato futuro rendono il comparto azionario più sfidante. In ogni caso, il mercato ha prezzato il ciclo economico in modo molto più completo. Il rame è risalito del 70% dallo scorso maggio, il greggio quasi del 100% e le azioni bancarie sono risalite di oltre il 100% dai loro minimi. Adottare un approccio attivo e più selettivo nei confronti delle azioni, concentrandosi su imprese in grado di aumentare i ricavi, gli utili e i rendimenti sostenibili, indipendentemente dai cicli economici, permetterà di generare performance positive non solo nel 2021, ma anche nel lungo periodo. Insomma, adottare un approccio attivo verso il mercato azionario è oggi più importante che mai».
La previsione di Stefano Zoffoli, head multi asset portfolio di Swisscanto Invest, è di «un ulteriore guadagno delle azioni globali tra il 5 e 10%. Tuttavia, sarà importante il timing dell’investimento perché riteniamo inevitabile una correzione durante l’anno, forse del 10%. Si possono infatti osservare segnali di euforia, come acquisti concentrati su pochi titoli di “moda”. Anche i temi dettati dalla politica, come la sostenibilità o la digitalizzazione post-covid, sono suscettibili di correzioni. Riportare il mercato su un terreno più realistico sarebbe salutare. Inoltre, l’investitore italiano deve considerare anche i rischi valutari, nonostante quest’anno sembrino limitati considerato che l’euro probabilmente soffrirà della ripresa dell’area dollaro in generale e della sterlina». Per il momento, secondo Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm, «le valutazioni azionarie risultano elevate, a seguito di una serie di dinamiche, tra cui la distorsione della relazione tra il costo dei titoli e l’attività economica, che abbassa il rendimento atteso a lungo termine. Il rendimento atteso è, infatti, determinato da tre elementi chiave: rendimento da dividendi, crescita degli utili e valutazione iniziale. Sebbene quest’ultimo fattore non sembri troppo positivo, il rendimento da dividendi e la crescita degli utili lasciano aperte le porte all’ottimismo.
Inoltre, ci sono molte aree geografiche e settori che non presentano affatto valutazioni alte, anzi, e che quindi possono rappresentare un investimento profittevole. Il rimbalzo economico nel 2021 avrà probabilmente un impatto to positivo sugli utili, alzando le aspettative nel corso dell’anno. In generale, gli indicatori aziendali e di mercato suggeriscono rendimenti attesi positivi per il 2021, in particolare per i paesi sviluppati. Questi mercati, quindi, offrono un premio di rischio interessante per gli investitori che cercano di proteggere i propri portafogli dall’inflazione a lungo termine». I RISCHI DA MONITORARE CON ATTENZIONE «Se il reflation trade venisse spinto al rialzo e i tassi a lungo termine statunitensi aumentassero troppo bruscamente», mette in guardia Benjamin Melman, global cio, asset management di Edmond de Rothschild, «gli investitori potrebbero tracciare un parallelo con il taper tantrum del 2013. Ciò potrebbe portare la Fed a rafforzare i suoi sforzi di comunicazione. Saremo quindi attenti al rischio di duration. Inoltre, la pandemia non è ancora alle nostre spalle. Tutto ciò che potrebbe ritardare i vaccini (evoluzione del virus, sfiducia della popolazione, che non sembra essere il caso) e la traiettoria di normalizzazione dell’economia devono essere attentamente monitorati. Infine, le tensioni Usa-Cina, o il loro ridimensionamento, dovranno effettivamente essere tenuti sotto controllo, poiché in questa fase c’è poca visibilità».
Sebbene un elevato deficit fiscale sia di certo potenzialmente inflazionistico, per il responsabile globale azionario di Columbia readneedle Investments, «è improbabile che l’eventuale inflazione persista per due motivi: il primo è che esiste un’elevata capacità inutilizzata all’interno dell’economia (misurata dal tasso di disoccupazione e dal basso utilizzo di capacità industriale); in secondo luogo, se si manifesterà, l’inflazione sarà accompagnata dall’aumento dei tassi di interesse, che rapidamente smorzerà la crescita per via del costo del servizio degli elevati livelli di debito. Mettiamo pertanto in guardia dalla corsa allo stile value e ai titoli con performance deboli a prescindere dalle prospettive e invitiamo gli investitori a diffidare delle trappole di valore. Tale contesto favorirà invece attivi a lungo termine e società caratterizzate da una crescita duratura. La volatilità rimarrà probabilmente elevata nel 2021, ma sarebbe un errore reagire istintivamente a forti movimenti dei mercati. Dobbiamo mantenere i nostri posizionamenti strategici e concentrarci sul più lungo periodo. Desideriamo che i nostri portafogli includano elementi di rischio, ma deve trattarsi di rischio controllato». Oggi sappiamo che la componente obbligazionaria, dice Luca Giorgi, «difficilmente funziona come protezione dalla volatilità dei listini azionari come fatto in passato.
Una delle maggiori difficoltà che prevediamo per il futuro riguarda proprio la costruzione di portafogli resilienti, in grado di navigare al meglio i picchi di volatilità e le fasi di surriscaldamento dei mercati. Inoltre, un altro rischio per gli investitori riguarda la possibilità che l’orientamento accomodante portato avanti dalle banche centrali, che frenano ogni tentativo di rialzo dei tassi nominali per evitare un inasprimento delle condizioni finanziarie, ven ga meno, creando un ambiente meno favorevole per gli asset rischiosi. In generale, l’incertezza creata dalle conseguenze economiche della pandemia, contrastate da un massiccio intervento di politica monetaria e fiscale, lascia spazio a scenari molto differenti. Ad oggi, le previsioni di accelerazione ciclica che intravediamo per l’immediato futuro giustificano la nostra propensione per gli asset rischiosi». Anche da AllianceBernstein si pone l’accento sul rischio inflazione. Si chiede Phelps: «Qual è la probabilità che questo aumento dell’inflazione sia precursore di un ciclo di inasprimento più duraturo e cosa significa questo per l’azionario? Negli ultimi 30 anni, il mercato azionario si è comportato bene durante i periodi di modesto aumento dei tassi di interesse dettato da un’attività economica in espansione.
Crediamo che questo sia ancora il caso e ci aspettiamo che le banche centrali di tutto il mondo mantengano i tassi a breve ancorati, utilizzando qualche forma di quantitative easing per impedire ai tassi di salire troppo rapidamente. Naturalmente, se l’inflazione dovesse aumentare significativamente, i banchieri centrali potrebbero “ammiccare” e parlare di anticipare l’aumento dei tassi, ma tutta la retorica che stiamo sentendo attualmente suggerisce che intendono rimanere accomodanti per il prossimo futuro. Questa è certamente la questione chiave che gli investitori devono tenere d’occhio e sulla quale i banchieri centrali devono mantenere i nervi saldi e una strategia coerente». I mercati hanno prezzato un forte boom, fa notare il fund manager di Lgim, «già visibile nei prezzi delle commodities, nelle performance dei settori ciclici (bancario, automotive, dei materiali, e dei beni di consumo voluttuari) e nei tassi d’interesse di lungo periodo. Tuttavia, molti di questi fattori possono ostacolare quella ripresa economica prevista dai mercati: tassi d’interesse più alti e condizioni finanziarie più restrittive possono limitare l’espansione economica. I rischi geopolitici sono stati accantonati per far fronte all’emergenza coronavirus e trovare un piano globale comune per la vaccinazione, ma appena le economie si saranno riprese e la produzione e il commercio si saranno normalizzati, le relazioni tra Stati Uniti e Cina e i rischi legati a queste torneranno a essere al centro dell’attenzione.
Anche la questione climatica e la sostenibilità rappresentano rischi di lungo periodo che devono essere affrontati subito, attraverso uno spostamento delle politiche di investimento verso quelle società e quegli investitori che stanno compiendo sforzi considerevoli per ridurre le emissioni di CO 2 attraverso le loro politiche di allocazione dei capitali». Secondo Swisscanto Invest l’ascesa dell’inflazione non rappresenta un rischio, «piuttosto si tratta di una normalizzazione. A medio termine i timori possono essere giustificati alla luce dei pacchetti fiscali e monetari/valutari, come pure dell’inversione di tendenza nella globalizzazione e nello sviluppo demografico. A breve termine, invece, riteniamo che il rischio numero uno sia rappresentato dall’acutizzarsi dalle tensioni dell’Occidente verso la Cina. Inoltre, l’afflusso di grandi quantità di denaro nel sistema potrebbe creare delle distorsioni, per esempio secondo un sondaggio, la maggior parte degli americani sotto i trent’anni intende investire in Borsa il proprio contributo di sostegno ricevuto dal governo».
EFFETTO LIQUIDITÀ Gli ingenti stimoli monetari hanno immesso sui mercati una grande liquidità, che in parte è stata utilizzata per acquistare titoli. E ora ci si chiede se per questo i prezzi delle azioni non siano troppo alti. L’head of equities di Amundi evidenzia come gran parte della liquidità si sia concentrata su alcune aree, «tipicamente i segmenti più orientati alla crescita, spingendone decisamente le valutazioni a livelli considerati cari. Per questo motivo negli ultimi mesi abbiamo visto riposizionamenti verso aree invece che vengono considerate più value e con valutazioni più allettanti. Crediamo che questo riposizionamento possa protrarsi ancora un po’, riportando i diversi settori di mercato verso una maggiore omogeneità nelle valutazioni». Per l’head of wealth di BlackRock, invece, «l’attuale premio al rischio azionario è in media adeguato alla luce dei rendimenti obbligazionari bassi e dell’abbondante liquidità presente sui mercati. Tale quadro supporta ulteriormente un approccio tattico favorevole agli asset rischiosi. Nello spazio azionario, crediamo sia importante avere una lente settoriale, adottando un approccio barbell, andando cioè a esporsi sia a società tecnologiche e farmaceutiche che godono di trend di crescita strutturale, che a segmenti ciclici che hanno corso di meno in termini di valutazioni nell’anno passato».
Per William Davies «le valutazioni sembrano tirate per quanto riguarda alcuni parametri, ma dobbiamo ricordare che i tassi di sconto sono bassi e quindi, dato che le valutazioni sono una funzione dei flussi di cassa futuri, con la ripresa in vista, sembrano ragionevoli anziché eccessive, comprese le azioni. La gestione attiva è particolarmente importante in un mercato potenzialmente ribassista. Gli investitori devono essere preparati al proseguimento dei trend strutturali attuali, quali la digitalizzazione e l’automazione, tenendo anche conto dello slancio impresso dalla pandemia alla crescita dell’e-commerce. Le azioni che beneficiano di questi trend continueranno a sovraperformare e riteniamo che faranno altrettanto anche in futuro. Prevediamo inoltre che aree cicliche duramente colpite dal covid, come viaggi e intrattenimento, metteranno a segno un recupero nel momento in cui inizierà la ripresa. Detto ciò, gli investitori non dovrebbero trascurare nemmeno le società che hanno sottoperformato durante la pandemia ma che dispongono della solidità finanziaria e dei modelli di business per espandere le proprie quote di mercato. I nostri portafogli sono ben diversificati, ma certamente consideriamo la disruption tecnologica come un fattore chiave per le aziende che determina in egual misura opportunità e minacce. In tal senso, guardiamo anche alla transizione delle aziende attraverso il miglioramento della loro impronta ambientale e delle caratteristiche sociali e di governance come un aspetto ricorrente. Sicuramente nei nostri portafogli azionari globali vediamo una grande rilevanza della tecnologia e ciò è molto importante perché trascende i settori. La tecnologia è fondamentale nell’assistenza sanitaria per migliorare la qualità delle cure fornite, nel settore industriale per migliorare l’efficienza e ci sono molti altri esempi. Il nostro lavoro è quel
lo di identificare queste aree di disruption e investire in aziende che sono ben posizionate per beneficiarne». La domanda che si pone Benjamin Melman è «se un così repentino rialzo dei tassi statunitensi a lungo termine non sconvolgerà l’equilibrio dei mercati, i cui livelli di valutazione evidenziano qualche segnale di fragilità. Tuttavia, ci sono ancora opportunità da cogliere. La selettività e la disciplina sui livelli di valutazione sono le chiavi. Gli asset dei mercati emergenti beneficiano di una buona visibilità sui fattori chiave (ottimo andamento della crescita cinese, chiarezza da parte della Fed sul proseguimento della sua politica monetaria favorevole alla rivalutazione degli asset dei mercati emergenti), uno sconto su asset omologhi nei paesi sviluppati. Privilegiamo anche tematiche come il capitale umano, il cambiamento climatico e i big data. Inoltre, abbiamo appena rafforzato una asset class che ha visto un forte ampliamento dello sconto dal referendum sulla Brexit, ha un profilo piuttosto value (ed è quindi meno sensibile ai rischi di aumenti dei tassi), sta beneficiando del successo della campagna di vaccinazione e ha sostanzialmente voltato pagina per quanto riguarda la Brexit: ovvero le azioni britanniche». «Il prezzo in sé difficilmente è un problema», taglia corto Shaunak Mazumder, «il valore lo è. I prezzi dei fondi azionari sono diminuiti negli anni». Secondo Stefano Zoffoli, «la valorizzazione del mercato globale è particolarmente in
sembrano interessanti, nella fase iniziale della ripresa, ma ancora scambiati a valutazioni relativamente basse». Secondo Benjamin Melman, «le azioni cinesi hanno un potenziale di rialzo rispetto ad altri mercati data un’ampia classe media, settori strategici resilienti e un esteso pool di talenti. In proporzione al pil, la Cina è ancora oggi sottorappresentata nei principali indici globali rispetto al resto del mondo. Con l’apertura del mercato cinese, i flussi di capitale verso le azioni cinesi sono destinati ad aumentare nel 2021 e anche oltre. Continuiamo a privilegiare le A-Shares sul mercato locale cinese, alla luce della valutazione ancora interessante rispetto alla crescita potenziale, della propria sotto-rappresentazione negli indici globali e della L’analisi del mercato cinese di Swisscanto Invest, invece, mostra una dicotomia.
«Da un lato, le aziende cinesi rispondono alla domanda interna e quindi rappresentano una buona diversificazione in un portafoglio classico. Inoltre la Cina offre un’importante esposizione It al di fuori degli Usa che è destinata ad aumentare nel medio periodo. Dall’altro lato, invece, sul mercato cinese attualmente vediamo alcuni eccessi che anche il governo cinese sembra voler frenare, per esempio la società numero uno a Shanghai in termini di ponderazione è un produttore di alcol con una valorizzazione vicino a 400 milioni di euro. Di conseguenza al momento non abbiamo un giudizio complessivo sul mercato cinese ma diamo un’importanza ancora maggiore alle nostre analisi, soprattutto nel campo esg. Chi prospetta un ottimo 2021 per la Cina è Moneyfarm, «anche in virtù della presenza di fattori macro che tipicamente avvantaggiano questa asset class, come dollaro debole, ripresa economica, prezzi delle materie prime stabili o in aumento. L’azionario rappresenta, tuttavia, uno spazio ancora rischioso, basti pensare alle tensioni politiche a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, che potrebbero generare problemi per l’operatività delle società cinesi, o alla volatilità che presentano gli indici sia delle azioni quotate nei centri finanziari locali (onshore), che delle azioni quotate offshore.
Occorre poi ricordare come l’azionario cinese, negli ultimi anni, non abbia espresso nelle performance i grandi risultati economici del Dragone; la tendenza potrebbe invertirsi nei prossimi cinque anni, ma i rischi restano ancora molto elevati». EMERGENTI SUGLI SCUDI Per quanto riguarda gli altri paesi emergenti, esclusa la Cina, William Davies sottolinea come, «sebbene inizialmente limitati da una mancanza di spazio di manovra a livello fiscale, hanno visto negli ultimi mesi un rapido miglioramento nella propria crescita, guidato dal settore manifatturiero, poiché lo stimolo fiscale dei mercati sviluppati ha aumentato la domanda di beni dei mercati emergenti. Questo ha portato la crescita in Asia ex Japan e Ceemea, a superare l’America Latina. Ci si aspetta che la crescita nei paesi emergenti si riprenda ulteriormente con una maggiore disponibilità di vaccini, insieme a una potenziale ripresa dovuta ai recenti miglioramenti sia dei prezzi delle materie prime sia del commercio. Il cambiamento della composizione dell’universo di investimento, a favore di società di qualità superiore, è il motivo fondamentale per cui i titoli dei mercati emergenti rimangono per noi privilegiati, visti il miglioramento delle economie, il progresso tecnologico e il miglioramento nei confronti dell’ambiente e degli standard sociali e di governance. Ciò è particolarmente evidente in Asia.
È certamente possibile ottenere un’esposizione alle economie dei mercati emergenti attraverso i titoli dei mercati sviluppati, ma ci sono molte opportunità d’investimento interessanti direttamente nelle società quotate nei mercati emergenti. Riteniamo che le economie dei mercati emergenti continueranno a svilupparsi ed evolversi e probabilmente cresceranno più velocemente delle economie già sviluppate. Raccomandiamo quindi di avere una posizione di sovrappeso dei titoli dei mercati emergenti». Anche la view di Amundi è positiva: «Crediamo che un ordinato rialzo dei tassi in un ambito di pressioni inflattive contenute sia positivo per questa asset class che spesso nelle allocazioni globali si comporta come un titolo value con alta leva operativa. La combinazione di valutazioni attraenti e la prospettiva di una riapertura degli scambi globali in un contesto di stabilità del dollaro sono circostanze favorevoli per una sovraperformance dei mercati emergenti».
Luca Giorgi di BlackRock preferisce soprattutto le azioni della regione Asia, Giappone escluso. «Crediamo che queste esposizioni siano attualmente sottopesate all’interno di molti portafogli globali e, specialmente per quanto concerne l’allocazione ai mercati asiatici, crediamo che gli afflussi di capitale siano destinati ad aumentare significativamente nei prossimi anni, in parte in ragione della maggiore ponderazione della Cina negli indici globali, in parte a fronte dell’importanza dell’economia cinese sul piano geopolitico internazionale. Nel breve termine, il rialzo dei rendimenti dei Treasury Usa e la maggiore volatilità dei mercati rappresentano forze avverse per l’andamento dei titoli dei mercati emergenti tuttavia, preferiamo guardare oltre la volatilità del breve periodo e restiamo positivi verso i titoli dei mercati emergenti per il 2021». Per Edmond de Rothschild «i mercati emergenti stanno beneficiando di tendenze favorevoli, tuttavia, le loro dinamiche e tendenze di crescita differiscono notevolmente. Diversi paesi e settori offrono reali opportunità di investimento, sia tramite obbligazioni che sui mercati azionari. I due principali fattori macro globali stanno puntando nella giusta direzione. Da un lato, l’economia cinese sta mostrando solidità, resilienza e una gestione avveduta. Il paese ha superato abbastanza bene la crisi pandemica lo scorso anno e offre ancora ottime prospettive.
Dall’altro, la Fed ha ribadito che non intende mettere in discussione per il momento la sua politica monetaria ultra accomodante, che, non dimentichiamolo, è particolarmente vantaggiosa per il mondo emergente. È difficile in questa fase prevedere i tempi della prossima svolta monetaria e, il semplice fatto che la Fed sia riluttante a dare indicazioni a favore di un possibile cambiamento, spinge gli investitori a scommettere sulle estensioni. Inoltre, gli asset emergenti continuano a registrare uno sconto molto interessante rispetto ai paesi sviluppati. In un mondo in cui gli asset tendono a essere complessivamente costosi e la liquidità è ancora ampia, ci sono buone ragioni per pensare che questo sconto si ridurrà». Nel mondo post-2008, spiega Roberto Rossignoli, «i principali driver del prezzo dell’azionario emergente (pil ed esportazioni) hanno smesso di crescere e ciò ha influito negativamente sul valore dell’equity. Anche la performance delle materie prime, una delle principali fonti di sostentamento economico per molti paesi emergenti, è stata negativa.
Nel lungo termine, tuttavia, sembra estremamente probabile che una grande fetta dell’attività economica globale proverrà da questi paesi. Il 2021 sarà probabilmente caratterizzato da un significativo rimbalzo del pil e ciò potrebbe giocare a favore delle prospettive di questa asset class, soprattutto per quanto riguarda la componente asiatica. I fattori che, nel breve termine, possono aiutare la performance, soprattutto in un’ottica relativa sono: dollaro debole, che storicamente favorisce la stabilità finanziaria e la performance economica di molti di questi paesi, buon momentum delle materie prime, buona gestione della pandemia nei paesi più importanti dell’indice (Taiwan, Corea del Sud, Cina) con conseguente rimbalzo economico più rapido e, infine, ripresa economica anche nei paesi sviluppati». IL CASO GAMESTOP Nei primi mesi dell’anno si è parlato molto del caso GameStop, il rivenditore di videogiochi texano che ha visto le sue azioni schizzare alle stelle quando un esercito di piccoli trader che si era organizzato sui social network ha sfidato i grandi fondi di Wall Street. In futuro il mercato può rischiare di venire distorto da fenomeni di questo tipo? Secondo Mark Phelps, «concentrandosi sulla democra-tizzazione dei mercati si perdono le lezioni più ampie di questa storia.
Primo, è pericoloso per gli investitori seguire le folle nei mercati azionari. Pagare troppo per un titolo a prezzi che non riflettono i fondamentali del business non è coraggioso e può insegnare una lezione dolorosa sui rischi delle mode del mercato. In secondo luogo, la campagna contro gli hedge fund dovrebbe suonare un campanello d’allarme per le grandi aziende e istituzioni. Gli effetti del network e le piattaforme digitali possono permettere agli investitori e alle start-up di interrompere i leader potenti e consolidati, così come le rivolte coordinate dei consumatori possono minacciare un’azienda leader di mercato. È importante esserne consapevoli, soprattutto perché le più grandi aziende negli Stati Uniti sono molto più grandi di quanto siano state storicamente. In terzo luogo, la Fed ha giocato un ruolo inconsapevole. Il denaro è diventato virtualmente libero. I tassi d’interesse ultraridotti incoraggiano le persone a prendere in prestito e a correre rischi maggiori per cercare rendimenti migliori. Ciò alimenta anche l’attività di trading tra la fascia retail.
Lo abbiamo già visto in passato, quando il denaro facile ha contribuito a guidare la frenesia delle dotcom alla fine degli anni ‘90 e a gonfiare la bolla dei mutui, portando alla crisi finanziaria del 2008-2009. La Fed dovrà sgonfiare con cautela le bolle che sono emerse, un compito difficile che spesso causa danni collaterali inaspettati.Non sappiamo come finirà la frenesia GameStop. Ma gli investitori a lungo termine non dovrebbero essere scossi. GameStop è un evento estremo. Ci si può aspettare che l’aumento del trading retail, più in generale, crei anomalie nei movimenti dei prezzi delle azioni, ma ciò permette agli investitori attivi ad alta convinzione di catturare opportunità in azioni di società di qualità che diventano scollegate dai loro fondamentali». Nel corso degli ultimi 20 anni, dice Cristina Matti, «abbiamo assistito sempre più a fenomeni tecnici o esogeni che provocano importanti livelli di volatilità nel mercato in generale e in casi particolari su specifici titoli. Crediamo che nel lungo termine il valore reale delle aziende verrà riconosciuto per i risultati ottenuti e restiamo convinti che solo un’attenta e approfondita analisi possa guidare le opportune scelte di investimento. Infine, un’ultima considerazione riguarda proprio gli investitori retail.
Come professionisti dell’asset management, non ci stancheremo mai di ricordare l’importanza per gli investitori retail di approcciare l’investimento nei mercati finanziari attraverso i fondi comuni di investimento che permettono di diversificare il rischio e di sfruttare le expertise consolidate di gestori professionali e di avvalersi della consulenza di professionisti che aiutino a comprendere gli obiettivi e l’orizzonte temporale di investimento». Secondo Roberto Rossignoli, a bolla che ha portato il valore di GameStop da 300 milioni a 27 miliardi di dollari, per poi tornare a 6 miliardi nel giro di un paio di settimane, non ha solo determinato la perdita di decine di miliardi di dollari da parte di alcuni hedge fund, ma ha soprattutto evidenziato il dilagare di un’attitudine pericolosa, che mette a rischio i risparmi di quanti negli ultimi anni si sono affacciati al trading online, come succede sempre in periodi prolungati di bull market. Occorre infatti ricordare come il mercato sia un gioco a somma zero e, per ogni euro guadagnato da qualcuno, esca un euro dalle tasche di qualcun altro. Sono pochissime le persone che hanno le capacità per competere con i grandi investitori con molte meno risorse a disposizione e ancora meno sono quelle che riescono a generare profitto in modo sistematico. Purtroppo, la portata del fenomeno fa riflettere sul fatto che, affinché il mercato non sia sempre più spesso condizionato da iniziative di questo tipo, non sia sufficiente l’educazione finanziaria per aiutare le persone a non commettere grossi errori, ma serva una responsabilizzazione e una regolamentazione delle piattaforme per ridurre il loro indubbio potere di persuasione».
Tratto da New Asset Management Marzo-Aprile 2021