5 motivi per ridurre il rischio creditizio nei portafogli obbligazionari

Di recente abbiamo iniziato a ridurre il rischio creditizio nelle nostre strategie obbligazionarie globali e multisettoriali, per cinque motivi chiave.
Ridurre il rischio creditizio - Ken Orchard

Di recente abbiamo iniziato a ridurre il rischio creditizio nelle nostre strategie obbligazionarie globali e multisettoriali, per cinque motivi chiave.

1. I rendimenti sono destinati a salire

Le pressioni inflazionistiche sono aumentate. I mercati del lavoro si stanno surriscaldando in USA, Canada, Regno Unito ed Eurozona, e la Fed ha già segnalato che inizierà ad alzare i tassi a marzo. Le banche centrali stanno iniziando a capire che l’inflazione è un grande problema e che le loro attuali politiche stanno peggiorando la situazione. Negli ultimi mesi sono stati prezzati più rialzi nella parte anteriore della curva, ma temo che le banche centrali decideranno di dover inasprire la politica anche prima del previsto per evitare un tightening eccessivo più avanti. Quindi, le politiche e lo slancio del mercato indicano rendimenti più elevati.

2. Gli spread creditizi sono troppo stretti

Gli spread del credito sono molto stretti su base storica. Tale situazione è sostenibile in concomitanza con: 1) politiche molto accomodanti e/o 2) una crescita economica solida e stabile. È per questo che gli spread sono sempre stati stabili o in restringimento durante i cicli di rialzo delle banche centrali, che a loro volta hanno avviato i rialzi perché la crescita era solida e quindi gli spread erano stabili. La situazione oggi è differente: le banche centrali stanno alzando i tassi perché l’inflazione è elevata, non perché la crescita è solida. Ciò significa che le politiche di supporto stanno venendo meno in una fase di crescita traballante. Le mie assunzioni potrebbero essere sbagliate se dopo Omicron vedremo un rimbalzo della crescita o se vedremo stimoli in Cina, ma queste sembrano più speranze che attese reali. Di conseguenza è probabile che gli spread dovranno ampliarsi per riflettere i maggiori rischi posti dalla prossima fase economica e politica.

3. Ci sono pochi limiti all’ampliamento degli spread nel breve termine

Le banche centrali stanno rapidamente riducendo i loro programmi di quantitative easing. Tuttavia, sebbene il sentiment sia ribassista, gli indicatori chiave mostrano che i posizionamenti non sono cambiati molto. Il consensus sembra indicare che se dovesse verificarsi un sell-off sarebbe nella seconda metà dell’anno e che quindi abbia poco senso muoversi ora. La mia preoccupazione è che ci sarà probabilmente una certa compiacenza dopo circa 22 mesi di rendimenti accettabili. In ultima istanza sarà quindi necessaria una combinazione di crescita più forte, valutazioni più elevate e forse una risposta delle banche centrali per fermare l’ampiamento degli spread e non c’è garanzia che ciò accadrà nel breve periodo.

4. I mercati tendono a esagerare quando si spaventano

La strada verso valutazioni positive è lunga. Anche se gli spread dell’indice sui credit default swap investment grade sono al di sotto della loro mediana di lungo termine di circa 15 punti base, sarebbe molto strano che rimanessero in prossimità di un livello adeguato in caso di un sell-off: se guardiamo al passato, dovremmo aspettarci un ampliamento di 35-45 punti base. Gli spread sui cash bond dovrebbero ampliarsi ancora di più, dato che al momento i differenziali corporate BBB e BB statunitensi sono ben al di sotto dei loro livelli medi. È chiaro che c’è il potenziale per una reazione esagerata.

5. Le mosse delle banche centrali sono difficili da prevedere

Oggi le banche centrali sono più preoccupate per l’inflazione che per la crescita, il che significa che le misure di tightening sono inevitabili. Naturalmente le banche centrali non vogliono inasprire le condizioni finanziarie troppo in fretta o in modo disordinato, quindi a un certo punto allenteranno la stretta, il problema è che non sappiamo né quando né come ciò avverrà. Ad esempio la Fed potrebbe rimandare il rialzo dei tassi di uno o due meeting se gli spread creditizi si ampliassero di 50 pb, ma è solo un’ipotesi. Il punto è che non sappiamo cosa faranno le banche centrali.

Se la mia analisi si rivelerà corretta, ciò darà il via alla prossima fase toro del mercato del credito. Non penso che vedremo una recessione nel breve periodo, con i tassi USA a breve sotto l’1% e il petrolio attorno agli 85 dollari al barile, quindi qualsiasi sell-off del credito probabilmente avrà vita breve, circa uno o due mesi. Voglio essere pronto ad assumermi maggiori rischi creditizi in una fase di sell-off con spread più ampi, ma sarà più facile a dirsi che a farsi.

A cura di Ken Orchard, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Diversified Income Bond, T. Rowe Price

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