Outlook del 2023: inflazione, Banche Centrali e rischio recessione

L'inflazione elevata, il rischio geopolitico e i timori di recessione sono solo alcuni dei venti contrari che gli investitori hanno dovuto affrontare quest'anno. La crescita economica mondiale subirà una brusca decelerazione, dal momento che i rischi sono al ribasso.
Inflazione

L’inflazione elevata, il rischio geopolitico e i timori di recessione sono solo alcuni dei venti contrari che gli investitori hanno dovuto affrontare quest’anno. La crescita economica mondiale subirà una brusca decelerazione, dal momento che i rischi sono al ribasso. Le difficoltà delle catene di approvvigionamento dovute alla guerra in Ucraina, da un lato, e alla politica Zero covid della Cina, dall’altro, stanno pesando sull’attività. L’inflazione elevata, insieme all’inasprimento delle condizioni finanziarie, pesano sulle prospettive.

“Di conseguenza – afferma Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM nel corso di un evento di presentazione delle prospettive per il 2023 della società – ci aspettiamo che la crescita globale rallenti, passando dal 6% del 2021 a circa il 3% quest’anno. Si tratta di un rallentamento di ampia portata, che interesserà sia le economie avanzate sia quelle in via di sviluppo e che continuerà anche nel 2023.

Una politica monetaria meno restrittiva è al centro delle aspettative del mercato. Infatti, la fine dei rialzi dei tassi e la possibilità di ulteriori iniezioni di liquidità potrebbero invertire l’attuale tendenza. Riteniamo però che siano necessari un calo dell’inflazione e un peggioramento del mercato del lavoro prima di poter anticipare concretamente la fine dell’attuale stretta monetaria. Inoltre, è probabile che la svolta avvenga in due fasi. In un primo momento, il mercato prezzerà una pausa da parte delle banche centrali. Un passaggio vero e proprio all’allentamento monetario avverrà, tuttavia, solo successivamente. In questa prospettiva, porteremo l’esposizione azionaria da sottopeso a neutrale e aumenteremo la nostra esposizione alle obbligazioni societarie investment grade. Questo perché la fine del rialzo dei tassi dovrebbe limitare il rischio di recessione. Ridurremo inoltre l’esposizione sul dollaro a neutrale. Una Fed meno falco sarà infatti di minor supporto alla valuta USA.

La vera svolta si avrà in un secondo momento quando i dati hard relativi all’inflazione caleranno e le statistiche mostreranno un ulteriore deterioramento dell’economia. In questo caso sarà opportuno aumentare ancora l’esposizione agli asset rischiosi come le azioni, ma anche alle obbligazioni high yield e dei mercati emergenti. I mercati beneficeranno nuovamente del sostegno delle banche centrali e anticiperanno la fine della contrazione economica. Questo contesto diventerà poi negativo per il dollaro su cui andremo quindi a ridurre l’esposizione.

USA
Negli Stati Uniti si prevede una significativa decelerazione della crescita a breve termine. Tuttavia, potremmo assistere a una recessione atipica, che potrebbe non comportare un forte aumento della disoccupazione. Dopo la riunione del FOMC di novembre, riteniamo che non sia così scontato un altro rialzo di 75 pb a metà dicembre, poiché i rischi di recessione nei prossimi 12/24 mesi sono elevati. Fino ad allora saranno pubblicati altri due rapporti sull’inflazione e sull’occupazione. Tuttavia, la crescita dei salari rimane forte e continua ad alimentare una spirale prezzi/salari che, a nostro avviso, rappresenta un rischio reale. Per quanto riguarda l’inflazione, negli Stati Uniti osserviamo che le pressioni sui prezzi sono di natura strutturale, guidate da beni, servizi e alloggi. Al momento, ci aspettiamo che i rialzi della Fed rallentino a 50 punti base a dicembre e che continueranno nei mesi successivi a un ritmo ridotto.

Eurozona e Italia
Nell’Eurozona continuerà la ripresa, anche se le prospettive a breve termine non sono incoraggianti. Le ultime indagini PMI indicano una contrazione già nel 4° trimestre e un rallentamento su larga scala che interessa in particolare i settori automobilistico, forestale, cartario e chimico e tutti quelli ad alta intensità energetica. Alla luce di ciò, non prevediamo una posizione aggressiva da parte della BCE nei prossimi mesi, in quanto l’esito dell’ultima riunione suggerisce che l’Istituto di Francoforte dipende ormai completamente dai dati e che la politica monetaria non ha il pilota automatico. Inoltre, il fatto che la Presidente Lagarde abbia sottolineato il ritardo con cui la politica monetaria dispiega i propri effetti, suggerisce una minore rigidità futura.

In Germania, la fiducia delle imprese rimane debole e non sembra esserci una luce alla fine del tunnel, in quanto il Paese ha perso il suo ruolo di locomotiva d’Europa. In Italia la domanda resta debole poiché l’aumento dei prezzi del gas si trasferisce in modo significativo sui prezzi al consumo, in particolare attraverso il costo dell’elettricità. Prevediamo una contrazione dell’economia italiana in questo trimestre e all’inizio del prossimo anno e una contrazione del PIL nel 2023. Sebbene i numeri dell’attività del terzo trimestre in Italia – e più in generale nell’Eurozona – siano stati resilienti, è improbabile che ciò duri. Ci aspettiamo che la contrazione economica inizi nel quarto trimestre. Questo è quanto emerge dalle ultime indagini sui dati delle aziende. La politica in Italia è un fattore significativo, soprattutto in caso di incertezza. Un tema dominante, tuttavia, è chiaramente il modo in cui il governo sta affrontando la crisi del costo della vita – in parallelo con l’inflazione elevata – e il forte rallentamento dell’attività economica che ci si aspetta.


Finora, i recenti sviluppi politici non sembrano aver avuto un impatto significativo sul rendimento del BTP – anzi, i rendimenti di riferimento (rendimento del BTP a 10 anni) sono scesi di recente sotto il 4,5%, rispetto al 4,75% registrato a settembre. Riteniamo che le prospettive economiche dipendano in gran parte da fattori di politica monetaria: è probabile che la BCE nel breve termine aumenti ulteriormente i tassi, vista l’inflazione CPI che nell’Eurozona è ancora elevata. Questo è quanto emerge anche dalle recenti dichiarazioni della Presidente della Lagarde. Manteniamo la nostra posizione underweight sulle obbligazioni sovrane dell’Eurozona.


Rispetto agli altri Paesi dell’Eurozona, l’Italia probabilmente farà – in termini relativi – meglio della Germania, ma peggio della Francia. Questo è quanto prevede il consenso del mercato e noi lo condividiamo. Infatti, è probabile che il prossimo anno il PIL tedesco subisca una contrazione piuttosto significativa, mentre la Francia dovrebbe fare meglio. L’Italia si colloca tra le due, quando si parla di previsioni economiche per il prossimo anno.


Asset Allocation
Riteniamo che sia ancora prematuro aumentare l’esposizione azionaria nei nostri portafogli, poiché il picco dell’inflazione e dei tassi non è ancora stato raggiunto. Tuttavia, le obbligazioni offrono opportunità interessanti, in particolare nel segmento corporate investment-grade, dove il profilo rischio/rendimento è di nuovo favorevole e gli spread creditizi sono superiori alla loro media di lungo periodo. Privilegiamo le scadenze brevi su emittenti di qualità. Per quanto riguarda le obbligazioni sovrane, privilegiamo una duration elevata. Al di sopra del 4%, la parte a lunga scadenza della curva dei rendimenti offre rendimenti interessanti e protezione da uno scenario di grave recessione. A livello settoriale, abbiamo un’esposizione difensiva sui beni di consumo e sulla sanità, nonché sul settore energetico. Rimaniamo sovraesposti sul dollaro USA, che beneficia della politica monetaria della Federal Reserve e della relativa forza dell’economia statunitense rispetto agli altri Paesi sviluppati.


A conclusione dell’evento, David Basola, Head of Southern Europe di Mirabaud AM ha dichiarato: “In un contesto complesso come quello attuale, la gestione attiva consente da un lato di difendersi slegandosi dai benchmark dall’altro di poter ambire a cogliere opportunità che si dovessero presentare. Storicamente nelle fasi di grandi incertezza si creano dislocazioni e dispersioni molto interessanti che un gestore attivo disciplinato ha modo di cogliere con efficacia. La gestione attiva è nel nostro DNA di boutique altamente specializzata e con radici profonde. Abbiamo alle spalle la solidità e l’esperienza di un Gruppo bancario con oltre duecento anni di storia. Possiamo offrire soluzioni di investimento ad alto valore aggiunto grazie a una gestione attiva su asset class di nicchia come la piccola e media capitalizzazione sull’azionario; debito societario investment grade, high yield ed emergente nel reddito fisso; le obbligazioni convertibili tra le strategie ibride, coniugata con un rigoroso approccio alla sostenibilità. Siamo stati tra i principali sostenitori della gestione attiva perché crediamo nel talento e nell’esperienza. Il successo del nostro fondo Haussmann nato nel 1973, uno dei nostri flagship che ad oggi è ancora tra i primi fondi di fondi hedge in Europa, è una conferma delle nostre expertise. Sul fronte della sostenibilità siamo firmatati dei principi PRI delle Nazioni Unite dal 2010, ben prima che diventasse un filone mainstream. Il nostro posizionamento di boutique specializzata, indipendente e a capitale privato ci consente di avere un approccio di lungo termine ma al tempo stesso flessibile e dinamico: questo è assolutamente necessario per potere ambire al successo su un mercato maturo e competitivo come quello italiano. L’Italia per noi è diventato il secondo mercato in termini di investitori, dopo quello svizzero di origine, e abbiamo deciso di presidiarlo direttamente con l’apertura quest’anno di una branch a Milano con l’obiettivo di offrire un punto di riferimento costante e un maggiore servizio alla clientela professionale ed istituzionale italiana”.

A cura di Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM

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