Il piano dell’OPEC+ per ridurre la produzione di petrolio complica le prospettive economiche, inflazionistiche e geopolitiche globali e probabilmente porterà a un aumento dei prezzi delle principali materie prime. Il 5 ottobre l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) e i suoi alleati hanno annunciato l’intenzione di ridurre le quote di produzione di petrolio di 2 milioni di barili al giorno (b/d) a partire da novembre. Il taglio effettivo della produzione dovrebbe essere più vicino a 1 milione di b/d, dato che la maggior parte dei Paesi membri sta già producendo al di sotto delle quote.
Riteniamo che questa mossa sia di supporto ai prezzi dell’energia, dato che le scorte commerciali sono attualmente al di sotto della media e sarebbero ai minimi storici se non fosse per il rilascio delle riserve petrolifere strategiche globali. Questa azione potrebbe anche aggravare l’inflazione globale, andando a complicare gli sforzi dei banchieri centrali. Per gli investitori che mirano alla copertura dei timori legati all’inflazione o a capitalizzare su un potenziale rimbalzo dei prezzi dell’energia, gli indici delle materie prime offrono un’opportunità interessante, soprattutto in considerazione del carry positivo storicamente elevato (i prezzi a termine sono inferiori a quelli a pronti) dei principali indici delle materie prime. Inoltre, il settore energetico nordamericano sarà il principale beneficiario del piano OPEC+.
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Le ragioni dell’OPEC sono molteplici e il segnale è chiaro
L’OPEC+ ha sostenuto che la mossa fosse preventiva per evitare la debolezza dei prezzi nel caso in cui l’inasprimento della politica della Federal Reserve per contenere l’inflazione portasse a un rallentamento della domanda. Un’altra ragione addotta è che il mondo sta sottoinvestendo nel settore upstream del petrolio e del gas, quindi sostenere i prezzi a fronte della debolezza economica gioverà agli interessi economici a lungo termine di tutti. Con gli investimenti globali nell’upstream su base reale inferiori di circa il 25% rispetto ai livelli del 2018-2019, è certamente opportuno sostenere maggiori investimenti.
Sebbene non sia stato esplicitamente dichiarato, non saremmo sorpresi se la decisione fosse stata presa anche per ricostruire la capacità di riserva nei principali Stati OPEC, che è vicina ai minimi storici, per fornire un cuscinetto per future interruzioni dell’approvvigionamento. Inoltre, è difficile non chiedersi se la proposta di un tetto al prezzo del petrolio russo da parte del Gruppo dei Sette (G-7) sia un precedente inquietante per gli altri principali produttori di petrolio, che hanno scelto di solidarizzare con la Russia a fronte delle potenziali ire dei consumatori globali.
Gli investitori in materie prime hanno da guadagnare
Sebbene il mercato del petrolio abbia registrato una ripresa dopo l’annuncio dell’OPEC+, questo ritracciamento è piuttosto lieve rispetto al sell-off registrato negli ultimi mesi a causa delle preoccupazioni per la crescita globale. In prospettiva, riteniamo che il mercato potrebbe sottovalutare il potenziale calo della produzione russa con l’inasprirsi delle sanzioni dell’Unione Europea. La domanda rimane un problema con l’inasprimento delle condizioni finanziarie, ma la particolarità dello scorso anno è che i mercati dell’energia e delle materie prime in generale hanno subito una certa contrazione senza che la Cina ad agire come motore di crescita. Se la Cina dovesse puntare a stimolare la propria economia per compensare i venti contrari esterni, l’impatto sui mercati delle materie prime compenserebbe probabilmente le implicazioni negative sulla domanda derivanti dall’aumento dei tassi di interesse. Con le scorte petrolifere globali vicine alla parte inferiore dell’intervallo storico, che determinano un carry positivo estremamente elevato sui mercati, riteniamo che le azioni dell’OPEC+ supportino una prospettiva di rendimento positiva.
Il settore energetico nordamericano ne beneficerà
Un chiaro beneficiario di questo contesto è il settore energetico nordamericano. Le master limited partnership (MLP) e il settore energetico midstream sono i principali beneficiari, dato che la limitazione dell’offerta a livello globale richiede una continua crescita della produzione in Nord America, e le società esposte al petrolio greggio e al gas naturale liquefatto (GNL) sono le nostre espressioni preferite. L’annuncio dell’OPEC+ fornirà probabilmente ai produttori statunitensi una maggiore fiducia nell’aumento degli investimenti nei prossimi anni, il che è chiaramente positivo per l’energia midstream. Prevediamo una crescita intorno al 5% degli utili al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (EBITDA) per le MLP e l’energia midstream nei prossimi 3-5 anni. Insieme all’attuale rendimento del 7,6% circa dell’indice Alerian MLP, riteniamo che le MLP offrano un interessante potenziale di rendimento totale a due cifre e l’opportunità di trarre vantaggio da un contesto globale di restrizione energetica. Anche se uno shock della domanda sarebbe negativo per i rendimenti nel breve termine, i bilanci del settore energetico sono meglio posizionati per resistere a un rallentamento economico rispetto ai cicli precedenti.
Il rischio di inflazione per i portafogli compensa le nostre preoccupazioni sul rallentamento dell’economia
Sebbene riteniamo che i mercati energetici abbiano un valore significativo per generare rendimenti e coprire il rischio d’inflazione, in uno scenario in cui l’aumento dei tassi d’interesse porti a una recessione economica (ossia un errore da falco da parte della Fed) ci aspetteremmo che i titoli azionari e i prezzi dell’energia facciano fatica. Detto questo, riteniamo che il settore energetico rappresenti un’opportunità d’investimento interessante, visti i rischi d’inflazione nei portafogli osservati in generale nell’ultimo anno. Inoltre, i prezzi a termine rimangono al di sotto dei livelli che riteniamo possano motivare l’ingresso di ulteriori e necessari capitali.
Come ha detto il Segretario Generale dell’OPEC Haitham Al Ghais, “la sicurezza energetica ha il suo prezzo”. A nostro avviso, il prezzo è probabilmente più alto di quanto il mercato suggerisca attualmente.
A cura di Greg Sharenow, Portfolio Manager, Commodities e Real Assets, e John Devir, Portfolio Manager e Head of Americas Credit Research di PIMCO