Cinque ragioni per cui riteniamo che il differenziale nella crescita del PIL tra mercati emergenti e mercati sviluppati dovrebbe aumentare, nel 2021 differenziale di crescita in aumento.
A nostro avviso, la crescita del PIL reale dei mercati emergenti, dopo una contrazione nel 2020 molto inferiore rispetto a quella dei mercati sviluppati, è destinata a una decisa risalita nel 2021, con un conseguente maggiore divario rispetto ai mercati sviluppati. La crescita sarà trainata dall’Asia, Giappone escluso (8,5%), seguita dalla regione EMEA (4,5%) e dall’America Latina (+3,6%). I principali indicatori dell’attività dei mercati emergenti sono già tornati al di sopra dei livelli pre-COVID, a parte i “servizi”, che rivestono un ruolo meno importante per le economie emergenti rispetto a quello che hanno nei Paesi sviluppati. Questa volta è diverso? Cosa ci spinge a credere che sia il momento giusto per i mercati emergenti? Dopotutto, i mercati emergenti hanno resistito a un decennio sprecato in termini di rendimenti, mentre l’economia statunitense, alimentata dagli stimoli, ha fatto passi avanti. Molti attivi dei mercati emergenti − azioni, obbligazioni, valute − appaiono oggi estremamente convenienti. In effetti, abbiamo questa visione sui mercati emergenti da un po’ di tempo, quindi perché riteniamo che questo sia il momento giusto? Di seguito riportiamo i cinque motivi per cui riteniamo che i mercati emergenti possano questa volta offrire risultati concreti.
1. Dollaro statunitense debole e rendimenti statunitensi bassi Le valute dei mercati emergenti si trovano ai minimi storici rispetto al dollaro. Il nostro scenario di base prevede l’indebolimento del dollaro USA, il che agevolerà i mercati emergenti, soprattutto quelli con debiti denominati nella valuta statunitense Quella sull’indebolimento del dollaro USA è un’opinione di consenso, che potrebbe deragliare in due possibili scenari: uno in cui il contesto globale peggiora molto e uno in cui gli Stati Uniti performano meglio del resto del mondo. Per quanto riguarda la prima ipotesi, crediamo che a livello globale il momento peggiore sia alle spalle, soprattutto per i mercati emergenti. La diffusione dei vaccini favorisce una prospettiva economica costruttiva, allontanando la possibilità di un altro “cigno nero” esogeno. Il secondo scenario, che prevede che gli Stati Uniti surclassino la crescita globale sotto l’amministrazione Biden, è una possibilità. Dopo il pacchetto di aiuti da 900 miliardi di dollari del 2020, è probabile che nel primo trimestre venga varata una seconda tranche di circa 1000 miliardi di dollari. In conseguenza di ciò, abbiamo aggiornato le nostre previsioni di crescita del PIL reale statunitense al 5,5% per il 2021. Tuttavia, è ancora un dato inferiore alla nostra stima del 6% per la crescita globale. Una forte crescita statunitense potrebbe spingere verso l’alto i tassi statunitensi e rafforzare il dollaro, incidendo sul debito dei Paesi emergenti più vulnerabili. Questo rischio rimane in ogni caso contenuto, poiché la Fed si sta impegnando a mantenere bassi i tassi per lungo tempo e gli squilibri dei mercati emergenti sono generalmente bassi, con vulnerabilità solo in due Paesi: Turchia e Sudafrica.
2. Il commercio globale appare nuovamente solido La produzione industriale dei mercati emergenti è in ripresa, mentre quella dei mercati sviluppati è ancora depressa. Riteniamo che ciò sia in parte dovuto al fatto che tali mercati hanno soddisfatto la domanda di beni proveniente dai Paesi sviluppati mentre questi erano in lockdown e l’aiuto dei governi sosteneva i consumi al dettaglio. Anche la crescita delle esportazioni è in un trend positivo. Lo stimolo sembra provenire dalla leadership asiatica in ambito tecnologico, e riteniamo che si tratti di una tendenza strutturale di lungo termine. Inoltre, poiché la crescita dei mercati emergenti è due volte più sensibile al commercio globale rispetto a quella dei mercati sviluppati, prevediamo che l’attuale ripresa sincronizzata sarà uno dei principali fattori alla base dell’ampliamento del divario di crescita tra le due regioni.
3. La forza costante della Cina Un altro driver fondamentale alla base della sovraperformance dei mercati emergenti è il ruolo sempre maggiore della Cina in termini di relazioni commerciali e finanziarie. Tutti i principali indicatori di attività cinesi sono al di sopra dei livelli pre-pandemici, trainati da una forte domanda interna ed estera. I consumi, che erano in ritardo, hanno guadagnato slancio grazie a condizioni di mercato del lavoro decisamente migliori. Allo stesso tempo, l’impulso al credito rimane espansivo. Prevediamo che la crescita del PIL reale salirà al 9,5% nel 2021 dal 2,3% del 2020. Il 14° piano quinquennale del Presidente Xi e gli obiettivi a lungo termine per il 2035 mostrano che l’ambizione della Cina è raggiungere uno status di “reddito elevato” entro il 2025 e raddoppiare il PIL reale pro capite entro il 2035.
4. I prezzi delle materie prime sono destinati a mantenere il trend positivo I solidi prezzi delle materie prime sono un altro elemento chiave di sostegno alla sovraperformance dei mercati emergenti, data la dipendenza di molti Paesi dalle esportazioni (America Latina, Russia, Sudafrica, Indonesia). I due fattori chiave per determinare i prezzi delle materie prime sono il dollaro USA e la crescita del PIL mondiale (una semplice approssimazione della domanda di materie prime). Come delineato sopra, prevediamo un indebolimento del dollaro e, ad ogni calo dell’1% del dollaro (rispetto ai principali partner commerciali), si associa un aumento dei prezzi delle materie prime del 2%. Siamo inoltre costruttivi sulla crescita del PIL globale. I prezzi delle materie prime sono già saliti del 15% su base annua, in linea con la ripresa globale della domanda.
5. L’Asia ha superato la seconda ondata di COVID L’Asia è il motore principale della crescita dei mercati emergenti e la regione sembra ormai aver superato la seconda ondata di COVID, nonostante la recente crescita nel numero di casi in Malesia e Indonesia. Il numero giornaliero di nuovi casi confermati in Asia rappresenta (al 19 gennaio) solo il 5,7% del totale globale, in calo dal 36% del picco di ottobre. Questo dato è da confrontare con il 15% della regione EMEA e con il 18% dell’America Latina. Rischi per la nostra visione rialzista: Il rischio principale per il nostro scenario rialzista sui mercati emergenti è la costante forza del dollaro. Altri rischi estremi per i mercati emergenti che non possono essere del tutto ignorati sono:
• Un crollo dei prezzi delle materie prime in caso di nuove e significative ondate di contagi da COVID e/o di efficienza dei vaccini inferiore a quanto previsto
• L’ampia disponibilità di vaccini e l’efficacia dell’immunità di gregge potrebbero essere più difficili da raggiungere del previsto
• Rischi inflazionistici a medio e lungo termine derivanti da vasti programmi di stampa di moneta e di QE
• Aumento della disuguaglianza di reddito nei mercati emergenti e rispetto ai mercati sviluppati e potenziale aumento dei disordini sociali
A cura di Patrick Zweifel, Chief Economist di Pictet Asset Management