Tratto da Asset Management febbraio 2021
Dopo un anno durissimo l’economia globale è pronta a uscire dalla recessione.
E sui mercati, si presentano nuove opportuinità, Mentre l’investimento responsabile è sempre più al centro dell’attenzione. Le previsioni di strategist, analisti e gestori Margherita Abbate Daga L a pandemia scoppiata un anno fa ha provocato lo shock economico più grave dell’ultimo secolo. Innescando una recessione netta e profonda a livello mondiale. Grazie al supporto di governi e banche centrali, le economie sembrano aver superato la fase peggiore. E ora, con l’arrivo dei vaccini e l’inizio della somministrazione di massa (che sta andando decisamente meglio negli Usa rispetto all’Europa) si può pensare a una ripresa dell’economia mondiale. Abbiamo chiesto a economisti e analisti delle principali società di gestione quali sono le loro aspettative per il 2021. E il Centro Studi Le Fonti ha condotto un sondaggio tra broker e consulenti per capire come pensano di affrontare il mercato nell’anno della “riscossa” (nelle pagine seguenti, tutti i risultati).
«Poiché la distribuzione di quantitativi adeguati di dosi di vaccino richiederà probabilmente gran parte del primo semestre del 2021», John Greenwood, chief economist di Invesco, si aspetta un ritorno a una sorta di normalità solo nel secondo semestre dell’anno. «Quando consumatori e imprese di servizi avranno riacquistato fiducia, ci aspettiamo una significativa trasformazione del contesto economico, in netto contrasto con il lungo periodo di crescita anemica e inferiore alla media seguito alla crisi finanziaria globale. La principale ragione di tale diversità di prospettive è la quantità record di stimoli messi in atto sotto forma di espansione monetaria e della spesa fiscale». Benché gli unici segnali in proposito siano finora stati gli enormi rialzi dei mercati azionari globali, Greenwood si aspetta l’inizio della prossima fase del processo di trasmissione nel secondo semestre del 2021, quando famiglie e imprese cominceranno a spendere i risparmi accumulati nel 2020. «Ciò significa che consumi, investimenti e occupazione sono destinati a recuperare a un ritmo decisamente più rapido rispetto a quello di una tipica fase post-recessione, generando così un rimbalzo sorprendentemente robusto». L’economista di Invesco prevede che la teorica terza fase del processo di trasmissione (aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo) si concretizzerà non prima del 2022, e forse più tardi se consumatori e imprese si mantengono prudenti e preferiscono conservare maggiori disponibilità di denaro a titolo precauzionale nel timore di nuove fasi pandemiche, o perché le banche centrali e i decisori politici operano in modo tale da limitare o neutralizzare l’impatto degli stimoli del 2020.
«Un’efficace combinazione di vaccino e trattamenti terapeutici», dice Joe Davis, global chief economist e global head of the investment strategy group di Vanguard, «dovrebbe consentire gradualmente di allentare le restrizioni alle interazioni sociali imposte dai governi e ridurre l’incertezza economica dei consumatori. Ma il cammino verso la ripresa sarà probabilmente irregolare e diverso a seconda dei settori e dei paesi. Ci vorrà tempo prima che molte economie ritornino a mostrare i livelli di occupazione e di crescita produttiva precedenti al Covid. Le prospettive di crescita ciclica per le principali economie mondiali sono disomogenee. La Cina, dove il controllo della pandemia è stato più efficace, è rapidamente ritornata al trend di crescita vicino a quello pre-pandemia che dovrebbe continuare anche nel 2021 con una crescita del 9%. Altrove la presenza del virus è stata tenuta sotto controllo in modo meno efficiente. Prevediamo una crescita del 5% sia negli Stati Uniti sia nell’Eu rozona, sebbene queste economie continueranno a restare lontane dai livelli di piena occupazione. Le stime di crescita per il Regno Unito si avvicinano al 7%, superando leggermente quelle di Stati Uniti e area euro in quanto i dati partono da una base inferiore. Sui mercati emergenti prevediamo una ripresa meno decisa, con una crescita del 6%».
Anche per J.P. Morgan Asset Management la svolta dipende dai vaccini, grazie ai quali, dice Maria Paola Toschi, global market strategist, «ora possiamo scorgere la riva al di là del ponte. Prevediamo che l’attività nelle economie sviluppate resterà depressa nel primo trimestre dell’anno e potenzialmente anche nel secondo. Dal secondo semestre, potremmo tuttavia osservare un rimbalzo significativo dell’attività, una volta distribuiti i vaccini, liberata la domanda repressa e iniziato il ritorno alla normalità». Gli investitori, sottolinea Toschi, «dovranno impegnarsi al massimo per assicurare che le azioni nei loro portafogli generino i rendimenti necessari. Iniziamo questo nuovo ciclo economico ETF 24,1% Fondi azionari 60,0% Fondi tematici 71,3% Fondi ESG 67,7% Quali pensa saranno i segmenti che traineranno i mercati nel 2021? Fondi obbligazionari 1,5% Fondi Multi-Asset 17,9% Nessuno 1,5% PIR 7,7% 2021 Gennaio / Febbraio 25 IL PANEL INTERVISTATO La survey, realizzata attraverso la piattaforma online del centro studi Le Fonti, ha visto la partecipazione di 1.007 tra private banker e consulenti finanziari. I risultati del sondaggio si riferiscono al 2 febbraio 2021 dentificazione di opportunità, a valutazioni ragionevoli, di forte crescita degli utili è un aspetto essenziale, ma non insolito per gli investitori. La novità è la sfida cui dobbiamo ora far fronte nel costruire un portafoglio bilanciato resiliente. Le obbligazioni governative core sono poco interessanti, a tassi d’interesse reali così profondamente negativi, ma una loro esclusione potrebbe incrementare notevolmente la volatilità del portafoglio degli investitori. Infine, dopo un anno così inedito, non dovremmo sottovalutare i rischi.
Il principale potenziale fattore positivo è che la ripresa prenda piede più rapidamente e sia più sincronizzata rispetto alle previsioni del nostro scenario base. Il rischio che maggiormente ci preoccupa è un ritorno su ampia scala dell’inflazione, anziché della crescita. Le Banche Centrali sarebbero costrette a elaborare una strategia di abbandono dell’attuale posizione molto più velocemente di quanto previsto dal mercato. Ciò comprometterebbe le prospettive economiche, ma le problematiche per i mercati potrebbero rivelarsi più critiche, come abbiamo osservato in occasione del taper tantrum nel 2013». AZIONARIO «Nel 2020», sottolinea Davis, «gli investitori disciplinati, che hanno mantenuto le loro posizioni azionarie nonostante le notizie preoccupanti, sono stati ancora una volta premiati. Il drastico riprezzamento del rischio azionario con valutazioni più elevate di quelle di norma osservate al termine di una recessione. Il calo dei tassi reali ha supportato le valutazioni. Con i tassi d’interesse prossimi al minimo nominale, la ripetizione di tale dinamica è improbabile nei prossimi anni. Sarà più che mai necessario concentrarsi sull’identificazione delle regioni, dei settori e delle società che presentano le più ampie sottostime in termini di prospettive sugli utili. Anticipare potenziali cambiamenti settoriali e di stile potrebbe migliorare i rendimenti. Il Covid-19 ha provocato una notevole dispersione tra i corsi azionari delle società che hanno agevolato il passaggio alla vita in casa da una parte, e di quelle vulnerabili all’esigenza di distanziamento sociale dall’altra. Il premio di valutazione tra i segmenti growth e value globali ha toccato il massimo dal boom delle dotcom.
Dovremmo essere prudenti circa l’idea di un passaggio immediato da growth a value». Piuttosto, J.P. Morgan Am consiglia di «distinguere le caratteristiche strutturali da quelle cicliche all’interno di entrambi gli stili e di focalizzarsi sulle aree in cui le valutazioni attuali sono giustificate dalle prospettive di crescita degli utili. Vale inoltre la pena considerare cambiamenti delle allocazioni a livello regionale. La Cina non ha registrato le ondate di contagio ricorrenti osservate altrove, in apparenza grazie al suo sofisticato sistema interno di test e tracciamento e alla robustezza dei controlli applicati alle frontiere esterne. Di conseguenza, ha messo a segno un rimbalzo ragguardevole tornando ai livelli di attività pre-crisi. Il recente piano quinquennale del governo rafforza questo rimbalzo ciclico con un convincente programma strutturale che mira ad attuare una transizione economica verso una crescita generata internamente, alimentata dai consumi. Se a ciò aggiungiamo che è in atto una maturazione dei mercati dei capitali, crediamo che questo possa essere il decennio dell’Asia per quanto concerne la performance di mercato, così come gli Stati Uniti hanno dominato l’ultimo ciclo».
Gli investitori dovrebbero inoltre tenere in crescente considerazione l’approccio dei loro portafogli ai fattori ambientali, sociali e di governance, spiega la global market strategist di J.P. Morgan Am. «Le autorità politiche faranno ricorso a molteplici leve politiche e normative per garantire che i capitali pubblici e privati forniscano una soluzione ai cambiamenti climatici. L’i-durante lo shock iniziale della pandemia è stato abbastanza uniforme sui mercati mondiali, con un netto calo dei tassi di sconto che spiega in parte, anche se non completamente, il rimbalzo registrato lo scorso anno dalle quotazioni azionarie. Le nostre stime del fair-value dei titoli, che includono esplicitamente tali effetti, continuano a mostrare un mercato azionario mondiale non eccessivamente sopravvalutato, ma nemmeno un mercato potenzialmente in grado di produrre rendimenti molto elevati in futuro». Le prospettive riguardanti il premio al rischio delle azioni mondiali, dice il global chief economist di Vanguard, «sono positive e contenute, con rendimenti totali stimati tra 3 e 5 punti percentuali in più rispetto a quelli obbligazionari. Queste stime di rendimenti modesti celano tuttavia opportunità per coloro che investono a livello mondiale e nel segmento value». Nel comparto azionario, dice Karen Watkin, portfolio manager dell’all market income portfolio di AllianceBernstein, «ci attendiamo un ritorno positivo e superiore alla media, in linea alla normalizzazione dell’attività economica e alle previsioni di una solida crescita degli utili societari nel prossimo anno». Se il sell-off di marzo dello scorso anno è stato indiscriminato, sottolinea Watkin, poi nel corso dell’anno il recupero dei mercati si è focalizzato molto su vincitori e vinti del Covid.
«I titoli growth percepiti come favoriti dal lockdown e dall’accelerazione di trend secolari hanno guadagnato il 15%. Al contrario, le società solitamente generose allo stacco del dividendo che hanno dovuto sospenderne o tagliarne la distribuzione per salvaguardare il bilancio sono rimaste in territorio fermamente negativo (-13%). Questa differenza è la più ampia da 25 anni a questa parte». Il vaccino ora potrà essere un catalizzatore di rendimento, «poiché le aziende prima ignorate perché penalizzate dal virus inizieranno il loro percorso di recupero». I sondaggi si orientano su un ottimismo di fondo da parte degli investitori. Tuttavia, spiega Benjamin Melman, global cio asset management di Edmond de Rothschild, «questo ottimismo non trova risconto nella costruzione di portafoglio. L’esposizione degli investitori ai rischi di mercato non è particolarmente al di sopra della media, né nelle valutazioni di asset spiccatamente ciclici, anche se gli investitori stanno gradualmente tornando a essere ciclici da quando Pfizer ha presentato il suo vaccino. Fino a quando l’ottimismo sarà limitato al sentiment e non si rifletterà ancora in termini di prezzi, crediamo che l’avvicinarsi della ripresa porterà con sé un rimbalzo del mercato.
Dal nostro punto di vista, stiamo sovrappesando il mondo azionario cercando il giusto equilibrio tra growth e value e tra le differenti aree geografiche. Gli investitori hanno naturalmente il diritto di mantenere i titoli growth, data l’abbondante liquidità di oggi e la probabilità che i tassi di interesse rimangano bassi. Tuttavia, con una ripresa potenzialmente vigorosa che sta prendendo forma riteniamo che possano correre il rischio di una sottoesposizione a titoli ciclici e value. Tra i temi d’investimento più interessanti, secondo Melman, «ci sono la big data revolution e l’assistenza sanitaria, entrambi temi di crescita strutturale. Inoltre, il cambiamento in termini di politica negli Stati Uniti, insieme al palese ritardo dei firmatari dell’Accordo di Parigi, non può che rafforzare l’outlook di quei nomi che hanno un’esposizione diretta o indiretta al tema della transizione energetica. Crediamo che anche gli investimenti nel capitale umano svolgeranno un ruolo chiave nei prossimi anni. Le aziende dovranno promuovere un maggiore coinvolgimento degli stakeholder in modo da ottenere rendimenti resilienti nel lungo termine». Anche Gam Investments resta altamente selettivo sul fronte azionario. «Le azioni europee con forti franchise, rendimenti elevati nel corso del ciclo e bilanci solidi dovrebbero uscire da questa crisi», dice Niall Gallagher, investment director, responsabile delle strategie azionarie europee, «rafforzati in termini competitivi. Una forte ripresa economica non farà deragliare quelle tendenze strutturali di cui discutiamo da tempo e che sono state sovralimentate nel 2020: l’ascesa della classe media asiatica, il passaggio da offline a online del commercio, la trasformazione digitale, la decarbonizzazione e l’agenda green.
Per molti aspetti l’epicentro della crescita si troverà in quelle parti del mondo dove il cambiamento è stato più dinamico. Tuttavia, è probabile che vi sia una maggiore selettività e maggiori opportunità nei mercati europei azionari». Per quanto riguarda gli Usa, invece, spiega Ali Miremadi, investment director e gestore delle strategie Us-cap equity di Gam, «ci aspettiamo che l’ampiezza del mercato si allarghi, poiché è improbabile che le big tech rimangano in futuro così dominanti nella crescita complessiva degli utili dello S&P 500, come è avvenuto nel 2020. All’inizio del 2021 gli industriali e i materiali dovrebbero registrare buone performance. Ci aspettiamo che la relativa sovra-performance delle aziende con forti credenziali Esg continui. L’healthcare dovrebbe uscire bene dalla pandemia, aiutato dall’eliminazione dell’incertezza politica legata alle elezioni. Alcune aree del settore tech sono chiaramente molto costose, ma riscontriamo ancora opportunità selettive, con l’esposizione a temi pluriennali come il 5G e l’internet of things. Anche l’esposizione ai veicoli elettrici è disponibile a valutazioni ragionevoli. Attualmente privilegiamo le azioni legate all’edilizia abitativa; anni di ridotto sviluppo immobiliare hanno colpito l’offerta, mentre abbiamo visto una forte domanda trainata da tassi ipotecari a minimi record, che aiuta l’accessibilità economica. Inoltre, i solidi bilanci delle famiglie uscendo dalla pandemia aiutano ad alimentare la fiducia. Il recente spostamento della domanda dalla città verso le zone più lontane dal centro è positivo anche per i costruttori, che si concentreranno sulle case piuttosto che sugli appartamenti in città». OBBLIGAZIONARIO «I tassi di interesse e i rendimenti dei titoli di Stato», dice l’economista di Vanguard, «che erano già bassi prima della pandemia, lo sono adesso ancora di più. Prevediamo che la Federal Reserve statunitense, la Banca centrale europea e i responsabili della politica monetaria di altri mercati sviluppati manterranno i tassi di interesse a breve termine a livelli storicamente bassi (e, in alcuni mercati, negativi) fino al 2022 prima di iniziare una normalizzazione ai livelli pre-Covid.
Le curve dei rendimenti», prosegue Davis, «potrebbero registrare un lieve aumento dell’inclinazione in seguito al contenuto aumento dei tassi a lungo termine secondo le nostre previsioni base. Ma, tenuto conto delle nostre stime di inflazione e della politica delle banche centrali, i rendimenti obbligazionari sono probabilmente destinati a un netto rialzo. Riteniamo che le banche centrali potrebbero essere inclini a contrastare un netto incremento dei rendimenti obbligazionari nel 2021 tramite ulteriori programmi di acquisto di titoli o altre misure, nel caso in cui questa situazione sia considerata controproducente per la ripresa economica». Le ingenti iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali, premettono David Giroux, cio equity and multi-asset, e Mark Vaselkiv, cio fixed income, di T. Rowe Price, «sono servite a stabilizzare i mercati del credito globali nel 2020, mentre la “corsa alla qualità” indotta dalla pandemia ha spinto i rendimenti già bassi dei titoli di Stato su livelli ancora più ridotti. La combinazione di questi trend ha prodotto ritorni fortemente positivi nella maggior parte delle classi obbligazionarie». Ora però gli investitori si trovano ad affrontare un contesto più sfidante: «Dato che i rendimenti a breve termine sono su livelli minimi o negativi e la curva statunitense sta diventando più ripida con la ripresa della crescita e delle aspettative di inflazione, il rischio di tasso di interesse potrebbe diventare un problema significativo. I rendimenti dei bond investment grade e high yield sono tornati vicini alle medie storiche, a dispetto degli effetti della pandemia che continuano a farsi sentire. In questo contesto, la selezione attiva dei settori e dei singoli titoli avrà un’importanza sempre maggiore per gestire i rischi e ricercare i rendimenti nel 2021. Crediamo che servirà molta creatività per individuare opportunità attraenti in uno scenario caratterizzato da tassi così bassi. Tale creatività può tradursi nel prendere in considerazione le fasce più rischiose dello spettro, aumentare l’allocazione ai prestiti a tasso variabile e altri asset con duration bassa, o cercare opportunità al di fuori del mercato Usa».
Visti i rendimenti diminuiti a causa del crollo dei tassi d’interesse e della riduzione degli spread, il global cio asset management di Edmond de Rothschild preferisce «i financial bond. I loro spread si sono ridotti meno delle obbligazioni societarie, ma hanno tassi di default pari a zero e dovrebbero continuare su questa strada. D’altro canto, un aumento dei default delle obbligazioni societarie sembra inevitabile. Preferiamo anche le obbligazioni dei paesi emergenti. Offrono rendimenti relativamente più elevati e quindi beneficeranno del continuo slancio dei rendimenti, una traiettoria supportata dalle banche centrali dei paesi sviluppati». MERCATI EMERGENTI Secondo gli analisti di Franklin Templeton, le sfide affrontate nel 2020 hanno sottolineato i vantaggi strutturali e altri trend secolari benefici nei mercati emergenti, di buon auspicio per il 2021: «Secondo noi la presenza di tanti mercati diversi che in questo panorama offrono contemporaneamente possibilità d’investimento interessanti, singolarmente e complessivamente, schiude una possibilità d’investimento eccezionale». Mentre la ripresa continua a diffondersi tra i mercati emergenti, con in testa l’Asia orientale, è l’analisi di Manraj Sekhon, chief investment officer di Franklin Templeton Emerging Markets Equity, «migliora la visibilità degli utili, consentendo un ampliamento della performance del mercato. Molte società hanno messo a segno un’esecuzione di successo durante la pandemia e dovrebbero emergere dalla crisi in posizione più forte rispetto alla concorrenza, e non solo tra i vincitori del Covid-19 riconosciuti comunemente».
L’Asia orientale, secondo Sekhon, «è ancora ben piazzata per guidare i mercati globali. La Cina dovrebbe essere l’unico paese ad aver realizzato una crescita del Pil nel 2020, con il sostegno di un’economia interna diversificata trainata da innovazione e digitalizzazione. Continuiamo a vedere emergere società di ottima qualità ben piazzate per beneficiare del consolidamento in corso del mercato e del boom dei consumi interni. Taiwan e Corea del Sud beneficiano della crescita strutturale nell’hardware informatico, oltre che della diversificazione delle catene di forniture per la tecnologia globali». La tensione geopolitica tra Cina e Stati Uniti resta un ostacolo chiave destinato a persistere, anche se con la nuova amministrazione Biden, probabilmente, il tono sarà più costruttivo. In ogni caso, sottolinea il cio dei mercati emergenti di Franklin Templeton, «l’imperativo economico per le società statunitensi di crescere, svilupparsi e vendere alla Cina, oltre ad acquistare da essa, alla fine sarà il motore della politica statunitense». La regione Asean e l’India, fa notare l’esperto, «si stanno gradualmente riaprendo, con una ripresa economica sostenuta da fattori demografici favorevoli costituiti da una popolazione più giovane e meno fragile. La tesi per investimenti esteri diretti beneficia del cambiamento normativo e della diversificazione delle catene di fornitura globali, mentre lo spazio notevole disponibile per una crescita dei consumi a partire da un basso livello di base è a sua volta di buon auspicio in un arco temporale più lungo. In India, con il contenimento della mortalità è proseguita la riapertura economica.
Sebbene alcune società abbiano risentito dello sconvolgimento di modelli di business tradizionali, prevediamo di vedere un impatto positivo sui fornitori di servizi tecnologici indiani. Ampiamente ignorato negli ultimi anni a causa del rallentamento della crescita e delle pressioni sui margini, il settore dei servizi It è stato sostenuto da un maggiore interesse dei clienti e da misure messe in atto per tagliare i costi strutturali. Il riemergere dell’attività manifatturiera, mentre l’India imbocca la strada dell’indigenizzazione e della sostituzione delle importazioni, unito agli sforzi globali per diversificare le catene di fornitura, potrebbe trainare la domanda in un range di categorie di prodotti, tra cui elettronica, difesa, componenti per auto e prodotti farmaceutici. La normalizzazione dello stress creditizio, sostenuta dal calo dei tassi d’interesse e l’aumento di liquidità dovrebbe avere un impatto positivo sulle banche, un’area per la quale le nostre prospettive sono ancora positive. Intanto andando avanti i tassi reali negativi in India offriranno un supporto decisamente notevole all’economia e ai mercati». Nell’America Latina, sottolinea Sekhon, «il Covid-19 ha accelerato un trend di bassi tassi d’interesse e digitalizzazione. Contemporaneamente, una forte ripresa globale nelle catene di fornitura manifatturiere ha dato impulso ai prezzi dei metalli, sostenendo l’industria mineraria della regione dopo un lungo ciclo di scarsi investimenti e valute deboli. Il Brasile, nonostante il chiasso politico, ha continuato a concentrarsi su importanti riforme economiche che stanno portando a un abbassamento strutturale dei tassi d’interesse reali storicamente elevati. Inoltre la banca centrale ha tagliato il tasso d’interesse politico a un minimo record, riducendo così il costo di rinegoziazione o ristrutturazione dei prestiti, e ciò potrebbe essere un catalizzatore per una crescita del credito in un periodo più lungo.
La penetrazione del credito in Brasile è decisamente inferiore a quella di molti altri mercati, presentando così margini di crescita per i prossimi anni e sostenendo le prospettive per il settore finanziario. Più generalmente, i tassi reali negativi forniranno un supporto strutturale alle prospettive di crescita del Brasile. Stiamo assistendo anche a un trend di lungo termine di “equitization” degli investimenti vantaggioso per gli operatori nel settore dei servizi finanziari. Nel Brasile permangono tuttavia delle sfide, tra cui l’aumento dei livelli di debito a seguito delle misure di stimolo, unito all’incertezza per le costanti riforme economiche in un contesto politicamente frammentato. Ciò potrebbe a sua volta spingere al rialzo i tassi d’interesse in un periodo più lungo. La fine prevista degli aiuti di emergenza in atto a sostegno di chi ha risentito delle misure di lockdown potrebbe a sua volta influire sulla ripresa economica». Infine, conclude l’analisi Sekhon, «vi sono motivi per essere ottimisti anche riguardo al Sudafrica, un mercato emergente che negli ultimi anni ha ristagnato. Le prospettive stanno migliorando sotto la presidenza di Cyril Ramaphosa, con gli annunci di una serie di misure di riforma e un reindirizzamento della spesa pubblica, inclusi progetti di infrastrutture, iniziative a sostegno della reindustrializzazione, tagli della spesa (concentrati su un congelamento degli stipendi dei funzionari pubblici) e sforzi per la lotta alla corruzione.
Nel “paese arcobaleno”, tuttavia, vi sono state false albe in passato». Per quanto riguarda il debito dei mercati emergenti, secondo Uday Patnaik, head of emerging markets debt di Legal & General Investment Management, ci sono vari fattori che sostengono un outlook positivo. Intanto, «la pandemia ha colpito i bilanci dei mercati emergenti meno di quanto abbia fatto con quelli delle economie più sviluppate. Secondo il Fondo Monetario Internazionale nel 2021 il rimbalzo previsto per i mercati emergenti è del 6%, il livello più alto da dieci anni e superiore del 2% alla media prevista per le economie avanzate. Questo supporterà il commercio internazionale, che dovrebbe crescere dell’8% o anche di più. I volumi delle esportazioni dai mercati emergenti dovrebbero crescere del 9,5%, a un ritmo che non si vedeva dal 2010; inoltre, nel corso del 2021 prevediamo che ci saranno revisioni in senso positivo della crescita dei mercati emergenti date dalle sovarperformance dei paesi asiatici e in particolare della Cina». Tra i fattori positivi, sottolinea l’head of emerging markets debt di Lgim, c’è anche un forte engagement dei “donatori”: «L’Fmi ha fornito supporti finanziari a più di 83 nazioni da quando è scoppiata la pandemia, mentre i creditori bilaterali hanno acconsentito alla riduzione del debito per oltre 45 paesi attraverso l’Iniziativa per la sospensione del debito stabilita dal G20 che durerà fino alla metà del 2021». Non solo: anche le condizioni di liquidità globale sono favorevoli. «La pandemia ha portato a un’espansione dei bilanci delle banche centrali del G4 del 17,5% del Pil nel periodo compreso tra marzo e settembre 2020, cioè in soli sette mesi: un ritmo più robusto e rapido anche di quello verificatosi durante la grande crisi finanziaria. Nel frattempo, dall’inizio della pandemia, le autorità fiscali di tutto il mondo hanno emanato pacchetti di spesa mai visti.
La liquidità globale, quindi, è ancora abbondante e a buon mercato, con i tassi di riferimento principali che si attestano a livelli storicamente bassi. Inoltre, l’ammontare di debito dai rendimenti negativi si attesta sui 17 trilioni di dollari (il doppio rispetto ai livelli di marzo 2020). Ci si aspetta che queste dinamiche persisteranno anche nel prossimo futuro e pertanto la ricerca di rendimento da parte degli investitori continuerà a sostenere gli afflussi verso i mercati emergenti. Riteniamo che le valutazioni siano ancora attraenti in particolare nella componente high-yield, rispetto agli investment grade e agli high yield statunitensi su base pluriennale. D’altro canto, mentre un deficit fiscale nominale inferiore dovrebbe significare una riduzione delle emissioni dei mercati emergenti, i flussi di cassa di questi mercati potrebbero essere più elevati, con maggiori ammortamenti e pagamenti di interessi restituiti agli investitori». Anche Franklin Templeton giudica positivamente le obbligazioni governative dei paesi emergenti. Come spiega Nicholas Hardingham, senior vice president e portfolio manager di emerging market debt opportunities strategy group, «sono interessanti rispetto ad altre obbligazioni, poiché il loro rendimento annuo è superiore del 4% circa a obbligazioni governative di economie avanzate». In generale, i mercati emergenti avevano iniziato il 2020 in buona forma. Dopo la crisi del Covis, tuttavia, nel 2021 alcuni paesi andranno meglio di altri.
«Tra i mercati emergenti», dice Hardingham, «fanno parte di un primo gruppo paesi quali Cile e Polonia, che dispongono di notevoli riserve a sostegno delle loro economie. Questi governi possono finanziare deficit crescenti mantenendo comunque livelli di debito sostenibili, e possono continuare a emettere obbligazioni a bassi tassi d’interesse. Un secondo gruppo include Sudafrica e Brasile. I paesi che fanno parte di questo gruppo avevano iniziato il 2020 con un debito elevato, spendendo ampie quote dei loro bilanci per il pagamento di interessi. Questi livelli del debito governativo stanno limitando la loro spesa, ma i paesi dispongono di ricchi mercati di capitale domestici e debito modesto in valuta estera. Un terzo gruppo include paesi quali Suriname o Sri Lanka, che ha riserve di valuta estera di 5 miliardi di dollari ma un debito con l’estero superiore a 50 miliardi di dollari. I governi di questo gruppo avevano iniziato il 2020 con un forte debito per rimborsi ed economie spesso deboli. Lo shock del Covid ha aggravato lo stress per le loro economie, e i loro governi sono stati esclusi dalla possibilità di raccogliere capitali privati. Alcuni di questi paesi hanno ottenuto una dilazione temporanea da altri governi nei confronti dei quali erano debitori. Per evitare crisi di debito, tuttavia, dovranno aumentare i prestiti multilaterali da fonti quali la Banca Mondiale e l’Fmi». Oltre ai governi, ci sono anche molte società nei mercati emergenti che emettono obbligazioni che Franklin Templeton ritiene interessanti. «Gli emittenti societari dei mercati emergenti abitualmente pagano tassi d’interesse più alti di quelli in economie avanzate, ma hanno in media rating creditizi migliori. Molti sono garantiti dal governo, come la società petrolifera statale Petrobras, o sono grandi gruppi societari ben diversificati come l’e-tailer cinese Alibaba. Negli ultimi anni i tassi di insolvenza delle obbligazioni societarie dei mercati emergenti sono stati minori rispetto a quelli di obbligazioni societarie di economie avanzate, e nel 2020 hanno sovraperformato le obbligazioni governative.»
La conoscenza locale, fa notare Hardingham, «sarà fondamentale per navigare tra le obbligazioni dei mercati emergenti nel 2021. Secondo noi offriranno un range più ampio di combinazioni rischio/rendimento. Le obbligazioni con i rating creditizi più elevati sono spesso considerate quelle meno rischiose, ma abitualmente offrono rendimenti più bassi. Le obbligazioni più speculative offrono tendenzialmente rendimenti superiori, ma con un rischio maggiore di insolvenza o ristrutturazione. Secondo noi una comprensione approfondita di quest’universo sarà fondamentale per creare portafogli di successo per i nostri investitori. Non dobbiamo mai perdere di vista il cosiddetto “rischio di coda” (ovvero eventi infrequenti con conseguenze di rilievo). Quali paesi o società potrebbero risentire particolarmente di un’altra ondata di Covid? Quali sono le probabilità di conflitti, per esempio, nel Golfo Persico o nel Mar cinese meridionale? Aumenterà il numero di paesi che faranno ricorso alla Debt Service Suspension Initiative approvata dal G20, e ciò potrebbe influire su investitori privati come noi? Nel 2021, le sfide maggiori per i mercati emergenti sembrano ancora una volta essere prevalentemente domestiche. Evitare complessivamente i mercati emergenti significa ignorare il 58% circa del Pil mondiale. Secondo noi invece per gli investitori sarebbe vantaggioso imparare a navigare in quest’area».
Per James Barrineau, head of global Emd Strategy di Schroders, la debolezza del dollaro continuerà a supportare i bond emergenti: «Riteniamo ci siano buone probabilità che il dollaro si indebolisca nei prossimi mesi, con una crescita sia del disavanzo delle partite correnti che del deficit fiscale negli Stati Uniti. Se ciò si verificasse, sarebbe di beneficio per gli asset dei mercati emergenti e soprattutto per il debito in valuta locale. Stimiamo che le valute siano generalmente sottovalutate nei mercati emergenti, anche se più in America Latina e meno in Asia. I tassi di interesse locali sono scesi e si trovano ai minimi storici, ma continuano a offrire valore rispetto ai differenziali storici con i mercati sviluppati. Per quanto riguarda l’obbligazionario in valuta forte, il differenziale di rendimento tra il debito emergente investment grade e i corrispettivi Treasury Usa è in calo appena del 14% rispetto ai livelli pre-pandemia. In questo ambito i governi hanno avuto modo di aumentare i deficit fiscali senza compromettere in modo serio i propri rating creditizi. Gli spread rispetto ai peer Usa con rating simili sono sufficientemente attraenti da attirare gli investitori che possono spaziare a livello globale verso il debito emergente. Quindi, sebbene i ritorni potrebbero non essere competitivi se paragonati al debito emergente in valuta locale o a quello high yield, probabilmente tali bond rappresenteranno una buona alternativa nell’universo del fixed-income globale.
Nel segmento high yield dei mercati emergenti, gli spread sono ben superiori rispetto al pre-pandemia e non ci aspettiamo un restringimento significativo. Tuttavia, in molti segmenti i rendimenti saranno attraenti, tra il 6% e l’8%». INVESTIMENTI SOSTENIBILI Nel 2020 i flussi nei fondi di investimento responsabile sono aumentati. Edmond De Rothschild prevede che questo slancio continui e diventi ancora più marcato quest’anno. «Lungi dal sacrificare la performance in onore di preoccupazioni di natura etica», Jean-Philippe Desmartin, head of responsible investment, «l’investimento responsabile concilia effettivamente entrambi i fronti. Aiuta a limitare il rischio e la volatilità, entrambi particolarmente elevati nell’attuale contesto travagliato, e offre senza dubbio opportunità di rendimenti interessanti. Gli investitori stanno attraversando un periodo di cambiamento radicale che probabilmente stimolerà l’interesse per l’universo Sri. Analogamente ad altre gravi crisi, come quella dei subprime del 2008, l’epidemia ci ricorda tempestivamente che abbiamo urgente bisogno di affrontare le questioni di sostenibilità Esg. Dobbiamo affrontare i rischi finanziari derivanti da questi problemi, pur riconoscendo che creano anche opportunità. L’integrazione dei criteri Esg aiuta a orientare gli investimenti verso aziende con modelli e soluzioni economiche sostenibili.
Allo stesso tempo, i gestori di fondi si stanno adattando a un panorama normativo in rapida evoluzione, caratterizzato da tanti vincoli quante nuove opportunità. La pressione normativa non si allenterà presto e farà leva sugli sforzi per aiutare l’emergere di forme credibili di finanza sostenibile». L’emergere e la diffusione della pandemia, sottolinea ancora Desmartin, «sono state accompagnate dall’erosione della biodiversità e dalle cattive condizioni sanitarie. La crisi ha generato numerose incertezze e sfide come la significativa perdita di posti di lavoro e l’acuirsi delle disuguaglianze. Ha riorientato l’attenzione su questioni sociali come l’assistenza sanitaria pubblica/privata, le catene di fornitura e le disuguaglianze, ma anche le risorse umane. E ha avuto molte conseguenze economiche e strutturali: protezione dei lavoratori, lavoro da remoto, formazione continua (nella digitalizzazione, ad esempio), perdita di posti di lavoro, maggiori rischi di conflitti sociali e misure per accompagnare i programmi di riorganizzazione e ristrutturazione. Saranno essenziali sforzi per intensificare il dialogo sociale». Quest’anno anno, ricordano infine, da Nn Investment Partners, ci saranno grandi cambiamenti che saranno di grande supporto al mercato delle obbligazioni verdi in Europa. In primo luogo, sarà pubblicata la versione finale del Green bond standard dell’Unione europea. In secondo luogo, l’Ue inizierà a emettere obbligazioni verdi a partire dal secondo trimestre per un importo stimato di 225 miliardi di euro.
Ciò equivale a un terzo del suo pacchetto di recupero da Covid-19. Infine, diversi governi inizieranno ad emettere obbligazioni verdi nel 2021. Per questo motivo, Nn Ip stima che il mercato globale delle obbligazioni verdi crescerà di 300 miliardi di euro nel 2021 fino a raggiungere 1.000 miliardi di euro. «Queste nuove normative», commenta Jovita Razauskaite, portfolio manager green bond di Nn Ip, «annunciano quello che potrebbe essere un decennio di spartiacque per la mitigazione dei cambiamenti climatici, con l’Europa in testa con l’obiettivo di essere neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050. L’Esg e la finanza verde stanno davvero entrando nel mainstream. La pandemia ha creato anche una spinta positiva, dato che molti paesi hanno chiaramente bisogno di maggiori finanziamenti, e con ambizioni verdi più forti che mai, il mercato delle obbligazioni verdi sarà ampiamente visto come una grande opportunità».