Quella della Repubblica popolare è l’unica economia ad essere cresciuta nel 2020. E ha iniziato il 2021 su basi ancora più solide, grazie alla ripresa dei consumi e della produzione industriale, La banca centrale deve però tenere sotto controllo il livello d’indebitamento nel settore immobiliare, per non pesare su una ripresa ancora vulnerabile
È entrata per prima nella pandemia e per prima ne è uscita. Senza nemmeno dover attendere lo sviluppo e la distribuzione dei vaccini anti covid. Dopo il prevedibile calo della prima metà dell’anno, la Cina si è ripresa in fretta. E nel 2020 è stata l’unico paese sviluppato al mondo a chiudere con il Pil in crescita. E ora ha iniziato un 2021 su basi ancora più solide. «Con l’accelerazione della ripresa economica e l’allentamento delle tensioni politiche con gli Stati Uniti», sottolinea Jie Lu, head of investments China di Robeco, «restiamo ottimisti riguardo ai prossimi mesi. Dopo un andamento altalenante ma comunque positivo lo scorso anno, l’economia cinese dovrebbe continuare a crescere a ritmo sostenuto nel 2021, sulla scia della continua ripresa interna e di un futuro rimbalzo dell’economia globale». La crescita cinese, secondo l’esperto di Robeco, «sarà sostenuta da un mix favorevole di ripresa dei consumi e della produzione industriale. Gli indicatori relativi alla fiducia delle imprese per i settori manifatturieri hanno registrato un deciso rialzo dai minimi toccati all’inizio del 2020. Inoltre, i prezzi alla produzione hanno mostrato segni di stabilizzazione, dopo mesi di pressioni al ribasso, riportando i profitti delle imprese industriali in territorio espansivo. Al tempo stesso, il tasso di risparmio delle famiglie nei primi nove mesi del 2020 si è attestato a un livello record del 37% (contro il 32% dello stesso periodo del 2019 e del 2018); la Leopoldo Fiore 2021 Marzo / Aprile 21 pandemia. Il disavanzo di bilancio dovrebbe ridursi dal 15,4% stimato per il 2020 al 12% nel 2021.
Al contempo, si prevede un rallentamento della crescita del credito a fronte della continua maturazione della ripresa e della svolta meno accomodante della politica monetaria. Non è da escludersi neppure la possibilità di una lieve stretta. Nonostante l’elevato livello di volatilità, le valutazioni rimangono relativamente attraenti per le A-share, ma più tirate per i titoli offshore». L’esperto di Robeco non si aspetta che i temi a lungo termine per la Cina cambino presto: «Per generare alfa rimaniamo concentrati sulle tendenze strutturali che modelleranno la Cina nei prossimi decenni. A questo pronormalizzazione dei risparmi dopo la pandemia è di buon auspicio per la domanda interna. L’aumento dell’e-commerce e il “reshoring” dei consumi, inteso come una graduale riduzione della spesa cinese all’estero in ambiti quali viaggi, studi o beni di lusso, a vantaggio del mercato interno, dovrebbe dare ulteriore impulso alla ripresa dei consumi. Dopo un primo rallentamento durante il periodo di lockdown più rigoroso all’inizio del 2020, la crescita delle vendite al dettaglio online ha evidenziato una rapida accelerazione ed è ora tornata ai livelli pre-pandemia, intorno al 15%. Inoltre, molti indicatori, come le vendite al botteghino e i tassi di occupazione delle camere d’albergo, suggeriscono che le attività sono quasi tornate ai livelli pre-crisi». Anche le esportazioni dovrebbero costituire un fattore d’impulso: «Grazie alla rapida inversione di rotta del paese, le esportazioni cinesi hanno guadagnato quote di mercato nel 2020, nonostante il vigore del renminbi. All’aumentare della disponibilità di vaccini anti covid-19 nel corso 2021 e con la continua crescita delle economie dei paesi più sviluppati, la domanda totale di esportazioni cinesi dovrebbe rimanere sostenuta, anche se la Cina potrebbe in parte perdere le quote di mercato guadagnate nel 2020».
Alla luce del progressivo miglioramento della situazione economica, prevede Jie Lu, «le autorità cinesi dovrebbero essere in grado di revocare le misure straordinarie di stimolo adottate nel 2020 per contrastare la crisi provocata dalla posito, c’è una ricchezza di opportunità di investimento nella sua economia in trasformazione. Il 14° piano quinquennale si concentra sulla qualità della crescita. Per esempio, nella catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici l’attuazione dell’impegno della Cina per la neutralità del carbonio e il passaggio a un’economia più verde saranno certamente di supporto. La penetrazione dei veicoli elettrici sarà forte e le aziende cinesi sono fortemente posizionate in termini di scala e risorse per lo sviluppo di materiali. Al contrario, per i produttori di auto a valle della filiera preoccupano le valutazioni». Per quanto riguarda i rapporti internazionali, secondo head of investments China di Robeco, l’elezione di Joe Biden potrebbe comportare un allentamento delle tensioni nei rapporti sino-statunitensi, ma è difficile che ciò riesca a stemperare la storica rivalità tra le due superpotenze. «Adottando verosimilmente un approccio più globale, prevedibile e coerente probabilmente un’amministrazione Biden comporterà probabilmente un minor rischio di escalation della guerra commerciale. Tuttavia, la concorrenza rimarrà intensa e Biden potrebbe riuscire a coalizzare i tradizionali alleati occidentali nel tentativo di contenere la Cina.
Washington e Pechino dovranno rivedere l’accordo commerciale, ma non ci aspettiamo che ciò accada a breve. Innanzitutto, gli obiettivi concordati nell’accordo di fase 1 rimangono difficili da raggiungere, in parte a causa della crisi da covid-19. A partire dal secondo trimestre 2020, la Cina ha accelerato gli acquisti di prodotti manifatturieri e agricoli, nonché di energia, dagli Stati Uniti. Tuttavia, questi ammontavano ad appena il 40% dell’obiettivo 2020 per il periodo gennaio-settembre. Ciò potrebbe non indurre una riduzione dei dazi, ma potrebbe comunque ritardare le trattative su accordi futuri. Da una prospettiva a più lungo termine, gli impegni di Biden sul fronte della sostenibilità potrebbero trovare una maggiore sintonia con le autorità cinesi, anche se le ambizioni della nuova amministrazione Usa potrebbero essere ridimensionate dai vincoli di bilancio. A continuare, invece, sarà probabilmente la rivalità in campo tecnologico. Per quanto un’amministrazione Biden possa rivelarsi più indulgente riguardo alle restrizioni tecnologiche per i segmenti non critici, queste non verranno comunque revocate. Nel tentativo di ridurre la propria dipendenza dagli Stati Uniti, la Cina ha recentemente aderito al Partenariato economico globale regionale (Rcep), la più grande area di libero scambio al mondo e la prima occasione in cui Giappone, Corea del Sud e Cina aderiscono allo stesso accordo commerciale. Il Rcep riunisce oltre una decina di paesi del nord e del sudest asiatico, insieme all’Australia e alla Nuova Zelanda. Il blocco rappresenta il 30% circa della popolazione globale, il 30% del pil globale e il 28% del commercio globale e con la sua adesione, la Cina invia un segnale forte».
Anche secondo gli esperti di Gam Invsetments, Jian Shi Cortesi, gestore dei fondi Gam Asia Focus Equity e Gam China Evolution Equity, e Amy Kam, lead manager del Gam Asian Income Bond Fund, i pianeti si sono allineati per la crescita della Cina. Anzi, «dal punto di vista del pil, la Cina (e l’Asia settentrionale in generale) ha beneficiato strutturalmente della pandemia. In precedenza, le economie emergenti erano coinvolte in una lotta perpetua per cercare di sfuggire alla “trappola del reddito medio”. Ma l’industrializzazione della Cina ha fatto sì che la tecnologia fosse già pronta per la crescita con una spinta all’innovazione guidata dalla tecnologia per risalire la catena del valore. La pandemia ha accelerato questo e ha messo la tecnologia in primo piano. A sua volta, questo ha aiutato ad affrontare la demografia del debito asiatico. In questo contesto, l’e-commerce ora forma una parte significativa dell’interazione dei consumatori con beni e prodotti. Gli Stati Uniti sono stati il campione del commercio per secoli ma, sempre di più, la Cina sta diventando il centro dell’innovazione per l’e-commerce: il suo mercato è più grande dei mercati statunitense ed europeo messi insieme». Secondo i gestori di Gam, «anche la spinta globale per la sostenibilità dovrebbe aiutare a guidare la crescita della Cina nel 2021 e oltre. Il paese è un leader globale nel solare, nell’eolico e nella produzione di batterie.
Mentre il mondo muove verso l’energia pulita, la Cina probabilmente beneficerà come fornitore primario dei prodotti di base. La tecnologia dei veicoli elettrici in Cina si sta sviluppando rapidamente e il paese è destinato a beneficiare del passaggio a un mondo più green. L’anno scorso la Cina si è anche impegnata a diventare carbon neutral entro il 2060. Questo si gnificherà la riconversione di una cifra compresa tra 1,6 e 2mila miliardi di dollari di investimenti all’anno. Biden ha tagliato 40 miliardi di dollari di sovvenzioni ai combustibili fossili, un grande passo per raggiungere la parità di costo per tutti gli aspetti. La Cina guidava circa l’80% della domanda di pannelli solari negli ultimi anni e la riduzione a circa il 50% rende il lato della domanda più diversificato e potrebbe fornire una maggiore stabilità degli utili per le aziende del settore. La Cina è un paese enorme: la sua promessa di emissioni nette zero porta con sé economie di scala, che dovrebbero aiutare a guidare gli sforzi globali nel raggiungimento dell’obiettivo comune di limitare il riscaldamento globale guidando la parità di costo nell’elettrificazione della flotta, la cattura del carbonio e lo sviluppo dell’idrogeno». Inoltre, sottolineano Jian Shi Cortesi e Amy Kam, «la Cina sta mostrando un impegno crescente nell’apertura dei mercati finanziari; ad esempio, la società di servizi finanziari belga Euroclear e Shanghai Clearing House hanno unito le forze nel dicembre 2020 per creare il programma di obbligazioni Yulan.
La partnership rafforza l’impegno dell’Europa per sviluppare ulteriormente i mercati finanziari in Asia e farli avanzare nella catena del valore. Il fatto che questo programma sia stato formato fuori dagli Stati Uniti è significativo, in quanto offre agli investitori europei un’esposizione al mercato cinese del reddito fisso in rapida crescita, mentre le aziende cinesi hanno canali di finanziamento aggiuntivi e diversificati. Gli indici stanno aumentando la loro esposizione all’azionario cinese, il che dovrebbe aumentare l’attenzione sull’Asia nel suo complesso, portando potenzialmente a più afflussi nella regione. Se si guardano le previsioni economiche del Fmi, il pil del paese dovrebbe superare gli Stati Uniti nel 2030, stima ora rivista al 2028». Per quanto riguarda la situazione tra Stati Uniti e Cina, anche per i due manager di Gam, «poco è cambiato di recente. Le tensioni commerciali sono solo un aspetto della rivalità, e questa rivalità non è destinata a dissiparsi. Potrebbe essere interessante l’azione di Biden a favore di una struttura green, come il rientro degli Stati Uniti nell’accordo di Parigi. Come notato da molti osservatori occidentali, il desiderio di Xi Jinping di guidare la sostenibilità è l’unico e più efficiente modo per la Cina di passare da una crescita guidata dagli investimenti a una crescita guidata dai consumi in un contesto di invecchiamento della popolazione.
Il desiderio di un mondo più green dà a molti paesi un obiettivo comune verso cui lavorare. Le collaborazioni globali stanno diventando sempre più importanti. Abbiamo visto la rivoluzionaria firma dell’accordo globale sugli investimenti Ue-Cina (Cai), che stabilisce il percorso per le future collaborazioni tra Cina ed Europa. Se la cesura tra Washington e Pechino può persistere e il tasso di crescita della Cina dipende dalle sfide che si presenteranno, a nostro avviso, la crescita è inevitabile. Comprendiamo le varie preoccupazioni, tuttavia, la ripresa dalla pandemia guidata dalla Cina ci induce ad avere una prospettiva economica positiva per l’intera regione. L’importanza della Cina consiste non solo nel ruolo che gioca come importante partner commerciale in rapida crescita per la regione, ma anche l’importanza di essere una grande fonte di capitale». Non sono solo rose e fiori, però. Paolo Mauri Brusa, gestore del team multi asset Italia di Gam (Italia) Sgr, mette in guardia da una possibile vulnerabilità. «Il debito pubblico cinese», ricorda, «a causa della pandemia è salito al 45,8 % del pil nel 2020, dal 38,5% dell’anno precedente; un balzo significativo, anche se il livello resta comunque inferiore a quello di guardia del 60%. Il punto dolente resta però sempre lo stesso, il debito legato al settore immobiliare.
Le autorità hanno cercato per anni di canalizzare la crescita del credito verso gli altri segmenti dell’economia reale, ma con scarsa fortuna. Le politiche attuate per prevenire la speculazione edilizia hanno rallentato l’acquisto di case, non la costruzione, spostando l’onere del debito dai privati alle aziende. La banca centrale (Pboc) da gennaio ha iniziato a drenare liquidità dal sistema, che mostra evidenti segnali di surriscaldamento. Questa è stata certamente una delle cause principali per la recente debolezza del listino azionario cinese. È evidente che un approccio troppo aggressivo rischia di generare ricadute pesanti sulle condizioni di finanziamento per aziende e famiglie. Per questo, diversamente dal passato quando tutto era attentamente pianificato e programmato, la parola chiave nelle azioni di governo e Pboc sarà “flessibilità”: nel consolidamento del deficit di bilancio, nel target di crescita del pil, nella crescita dell’aggregato monetario. Poiché l’obiettivo non è quello di rallentare la crescita del credito tout court, ma di tenere sotto controllo la bolla immobiliare».
Tratto da New Asset Management Marzo-Aprile 2021