L’inflazione non si ferma, il livello raggiunto è elevato e l’aumento vertiginoso delle quotazioni delle materie prime ritarderà il rientro sui livelli pre-pandemia. Quindi la Banca Centrale americana ha necessità di imporre un’accelerazione al processo di normalizzazione dei tassi per ripristinare la stabilità dei prezzi.
Le tensioni geopolitiche non fermano la Fed. Powell questa settimana ha dichiarato che, se necessario, la Banca Centrale americana procederà con rialzi dei tassi superiore a 25 punti base in una o più riunioni. Alcune banche d’investimento si sono quindi affrettate ad aggiornare le proprie stime per l’anno in corso, prevedendo due rialzi consecutivi da 50 punti base a maggio e giugno. La reazione degli operatori di mercato non si è fatta attendere, nel momento in cui scriviamo l’indice obbligazionario Bloomberg Global Aggregate perde oltre il 6,5% da inizio anno e l’11% dai massimi di gennaio 2021. Si tratta del più profondo bear market dei titoli obbligazionari globali dal 1990, data in cui è stato lanciato l’indice. Si stima che il valore di mercato delle obbligazioni sia sceso di oltre 2600 miliardi di dollari in poco più di 13 mesi, una cifra enorme soprattutto se si considera che governativi e corporate ad alto merito creditizio sono detenuti in larga parte da fondi pensione, banche, assicurazioni e risparmiatori con bassa propensione al rischio, quindi molto sensibili a perdite sui loro investimenti. Oltretutto sono stati i settori più difensivi, come le Utilities, a subire maggiormente in questa fase a causa di una duration mediamente più lunga delle loro emissioni rispetto ad altri settori.
A questo si aggiunga che, malgrado il recupero di quest’ultima settimana, i listini azionari globali sono ancora in territorio negativo da inizio anno, con l’MSCI World inferiore di oltre il 6% dai valori di fine 2021. Ci troviamo quindi in una fase estremamente delicata, con i consumatori che da un lato vedono ridursi la loro ricchezza per i rovesci di mercato, dall’altro diminuito il loro potere d’acquisto a causa di un’inflazione che continua a salire ad un ritmo più elevato dei salari. E anche per le imprese si prospettano mesi difficili, con una bolletta energetica che negli ultimi 12 mesi è più che raddoppiata e un costo del debito che si è già fatto più gravoso e che continuerà a salire.
Occorre quindi prestare molta attenzione non solo alla componente governativa, ma anche a quella corporate perché i tassi di default potrebbero aumentare velocemente. A trarne vantaggio in quest’ultima fase, è stato soprattutto il settore tecnologico (in particolare i FAANG) che, pur essendo più sensibile al rialzo dei rendimenti, ha sovraperformato tutti gli altri settori. Questo perché la discesa degli ultimi mesi ha reso le valutazioni più interessanti a fronte di una dinamica degli utili solida. Possedendo inoltre una forte “pricing power”, sono in grado quindi di ribaltare il rincaro dei costi di input sui consumatori più efficacemente rispetto alla concorrenza e vengono quindi considerati un buon “inflation hedge”.
Commento a cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR