La corsa della Fed e delle altre Banche Centrali

La maggiore debolezza dei dati macroeconomici statunitensi potrebbe causare un primo rallentamento dei rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed) consentendo potenzialmente alle altre Banche Centrali di recuperare terreno.
Fed


La maggiore debolezza dei dati macroeconomici statunitensi potrebbe causare un primo rallentamento dei rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed) consentendo potenzialmente alle altre Banche Centrali di recuperare terreno.

Fondamentali
Ogni ciclista sa che staccarsi dal gruppo è estremamente faticoso. Lo sforzo per iniziare la fuga e distanziare gli altri ciclisti è spesso di breve durata poichè il gruppo può raggiungere il corridore solitario riportandolo al suo interno. Lo stesso vale per le Banche Centrali e i cicli di inasprimento. Sono trascorsi sei mesi da quando la Fed ha dato fuoco alle polveri e ha iniziato ad attuare una stretta monetaria. Tuttavia, ci sono alcuni segnali che l’economia statunitense stia iniziando a dar prova di stanchezza: in agosto, l’offerta di lavoro è calata drasticamente e il tasso di risparmio delle famiglie è sceso al minimo degli ultimi 17 anni. È ancora prematuro, ma alla fine i contraccolpi provocati dal maggiore costo del denaro potrebbero costringere la Fed a rallentare il ritmo della stretta monetaria, offrendo potenzialmente alle altre Banche Centrali la possibilità di raggiungerla. Rispetto agli Stati Uniti, sia l’Eurozona che il Regno Unito sono stati lenti nell’innalzare i tassi; tuttavia l’inflazione a doppia cifra, accentuata dai forti deprezzamenti delle rispettive valute, dovrebbe verosimilmente innescare una risposta significativa da parte della Banca Centrale Europea (BCE) e della Banca d’Inghilterra nei mesi a venire. Oltre ai rialzi dei tassi, la BCE sta anche discutendo la possibilità di ridimensionare il proprio portafoglio obbligazionario – attualmente di EUR 5.000 miliardi – nei primi mesi del 2023, una mossa che potrebbe ridurre ulteriormente la distanza che la separa dalla Fed.

Valutazioni quantitative

Uno degli sviluppi macroeconomici più vistosi è stato il forte apprezzamento del Dollaro statunitense nel corso dello scorso anno, dovuto all’indipendenza energetica degli Stati Uniti. Un’attenuazione della crisi energetica potrebbe far stabilizzare il biglietto verde e cominciare ad attrarre nuovamente flussi di capitale verso altre regioni. Una classe di attivo che potrebbe beneficiare dalla stabilità del Dollaro è il debito dei Mercati Emergenti. Un Dollaro più forte potrebbe creare problemi alle economie emergenti che, solitamente, hanno non solo una quota del proprio debito sovrano denominata in questa valuta, ma anche bisogno di importare beni e materie prime anch’essi scambiati in Dollari. Mentre una maggiore stabilità del biglietto verde dovrebbe contribuire a supportare i fondamentali dei Mercati Emergenti, le valutazioni di questa classe di attivo – e in particolare del debito emergente in valuta locale – sembrano relativamente convenienti. Nei Mercati Emergenti, molte Banche Centrali sono state tra le prime a fronteggiare l’aumento dell’inflazione e i mercati regionali dei titoli di Stato offrono rendimenti interessanti, soprattutto in America Latina e in alcune parti dell’Asia.

Fattori tecnici

I perduranti timori sulla crisi energetica europea e il livello relativamente alto dei tassi d’interesse negli Stati Uniti hanno spinto gli investitori a trovare rifugio nel biglietto verde facendo, di conseguenza, crescere in misura significativa gli afflussi di capitale in attivi denominati in Dollari. Se è vero che la divergenza tra le politiche monetarie della Fed e delle altre Banche Centrali potrebbe gradualmente ridursi nei prossimi mesi, è anche vero che le autorità non sono ancora pronte ad abbassare la guardia nei confronti dell’inflazione. Nel complesso, la stretta monetaria globale proseguirà, il che spiega probabilmente perché gli investitori hanno continuato a stare alla larga dai mercati obbligazionari e perché la duration dei portafogli obbligazionari continua a essere in sottopeso rispetto ai dati storici.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari?

Poiché l’inflazione è ancora abbondantemente al di sopra del livello obiettivo, le Banche Centrali continueranno a innalzare i tassi. Tuttavia, emergono i primi segni del prezzo che l’aggressivo ciclo di inasprimento avviato dalla Fed sta facendo pagare all’economia. In prospettiva, la divergenza tra la politica monetaria della Fed e quella delle altre Banche Centrali potrebbe iniziare a ridursi a mano a mano che la BCE e la Banca d’Inghilterra recupereranno terreno e che la Fed rallenterà la sua corsa. Pertanto, gli investitori devono tener presente che stiamo forse avvicinandoci a un punto di stabilità che ci consentirà di esplorare le opportunità del debito emergente che offre fondamentali in fase di miglioramento e valutazioni relativamente appetibili.

A cura del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management

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