Il crollo dello yen giapponese (JPY) è evidente, toccando il livello più basso degli ultimi decenni rispetto al dollaro USA, in seguito al mantenimento di una politica monetaria super accomodante da parte della Banca del Giappone (BOJ). Tutto questo nonostante le altre banche centrali stiano iniziando ad aumentare i tassi di interesse e a ridurre i programmi di acquisto di asset
Il tasso di cambio tra lo yen e il dollaro americano, che attualmente si attesta intorno ai 135 yen per dollaro, è guidato fondamentalmente dalla differenza tra i tassi di interesse reali negli Stati Uniti e in Giappone. Ciò significa che lo yen non è altro che un danno collaterale delle politiche divergenti delle varie banche centrali. Prevediamo che lo yen continuerà a deprezzarsi finché la BOJ manterrà il suo programma di controllo della curva dei tassi (YCC) e la Federal Reserve continuerà a far salire i tassi di interesse reali degli Stati Uniti. Lo yen potrebbe scendere fino a 150 contro il dollaro? Forse, anche se ciò rappresenterebbe lo scenario peggiore.
Mentre da un lato è evidente il crollo dello yen, dall’altro aumenta la pressione sulla Banca del Giappone. Gli investitori hanno iniziato a testare l’impegno della BOJ nell’ambito della curva di controllo dei tassi (YCC) ad acquistare un numero sufficiente di titoli di Stato giapponesi a 10 anni (JGB) per fissare il loro rendimento al di sotto dei 25 punti base. Finora la banca non ha esitato e la riunione della BOJ del 17 giugno non ha portato ad alcun cambiamento di strategia. La posizione di resistenza della BOJ nei confronti di una politica più restrittiva e di un aumento dei rendimenti dei JGB è comprensibile: l’inflazione interna in Giappone rimane significativamente più bassa rispetto a quella di molti altri mercati sviluppati. Ma non si tratta di una situazione sostenibile, poiché la debolezza dello yen contribuisce sempre più all’aumento dell’inflazione importata e al calo dei salari reali.
Tuttavia, la BOJ si trova in una posizione particolarmente difficile in quanto probabilmente non vuole dare l’impressione di reagire al mercato dei cambi. Ci aspettiamo che prima o poi si verificherà un cambiamento di strategia, ma non prima che i mercati riescano a prendere fiato e la BOJ riesca a tenere sotto controllo la situazione. Avere un piano riguardante i tassi di interesse e mantenere una certa credibilità per proporlo poi ai mercati è di fondamentale importanza per la banca centrale.
Per quanto riguarda il comparto azionario, l’impatto di uno yen debole varia da settore a settore. I grandi esportatori, come le case automobilistiche e i produttori di semiconduttori, tipicamente beneficiano di una valuta debole, anche se l’effetto potrebbe essere attenuato dal fatto che gran parte della produzione giapponese si è spostata all’estero negli ultimi anni. Le aziende nazionali e quelle orientate al consumo probabilmente ci rimetteranno.
Se il tasso di cambio JPY/USD dovesse diventare incontrollabile, la prima cosa che ci aspettiamo è un intervento del Ministero delle Finanze giapponese per acquistare yen. Ma si tratterebbe probabilmente di una misura di ripiego a breve termine.
Le modifiche alla politica della BOJ potrebbero avere un impatto più duraturo. La BOJ si trova di fatto di fronte a due scelte sbagliate: un indebolimento dello yen che sta intaccando il potere d’acquisto e tassi leggermente più alti che potrebbero gravare sull’occupazione. Se e quando la BOJ agirà, crediamo che probabilmente per prima cosa amplierà la fascia di rendimenti che è disposta ad accettare sui titoli di Stato giapponesi (JGB) a 10 anni nell’ambito del programma finalizzato al controllo della curva dei rendimenti (YCC), consentendo loro di fluttuare tra +/- 40 punti base, ad esempio, anziché +/- 25 punti base. E se ciò non dovesse bastare a stabilizzare la valuta, la BOJ potrebbe prendere in considerazione la possibilità di spostare il programma YCC verso le obbligazioni a cinque anni anziché a dieci. Questa mossa potrebbe portare lo yen più vicino a 120 contro il dollaro, provocando un piccolo balzo dei rendimenti decennali e un aumento dello spread tra i JGB a cinque e a dieci anni. Un ultimo passo potrebbe essere quello di aumentare leggermente i tassi a breve termine (forse di 10 punti base) e porre ufficialmente fine alla politica di tassi negativi del Paese, generando così un effetto simbolico che potrebbe aiutare lo yen a recuperare valore.
Detto questo, riteniamo improbabile che la BOJ passerà all’azione finché non avrà esaurito tutti i titoli di Stato Giapponesi (JGB) short e non sarà in grado di fornire una giustificazione economica per modificare la politica monetaria attuale. Vorremmo anche sottolineare che non si tratterebbe di una svolta fondamentale verso un ciclo di inasprimento e di normalizzazione della politica della BOJ. La crescita tendenziale e l’inflazione rimangono deboli e non giustificano tassi molto più alti. Pertanto, sebbene lo yen possa apparire straordinariamente a buon mercato per molti versi, non prevediamo che inizierà ad apprezzarsi fino a quando
non vedremo un catalizzatore che rompa l’attuale serie di fondamentali che lo mantengono a buon mercato – tassi reali più bassi negli Stati Uniti o una sana reflazione in Giappone. Pertanto, riteniamo che lo yen rimanga interessante solo per gli investitori che hanno una visione a lungo termine e sono disposti a “combattere la Fed e la BOJ” per molto tempo.
A cura di Anne Vandenabeele, Economista di Capital Group