A cura di Niall Gallagher, Investment Director di GAM
I titoli bancari europei hanno registrato rendimenti impressionanti fino ad ora nel 2024 (+16,7% [1] per il settore). Nonostante i guadagni, le valutazioni rimangono a buon mercato.
Prima di tutto, ricordiamo che per la maggior parte dello scorso anno il settore bancario europeo è stato scambiato a valutazioni tra le più basse nella storia del mercato azionario: il Grafico 1 mostra che il multiplo PE è passato da meno di 6 volte a poco più di 7 volte. Ma questo dato si confronta con una media di lungo periodo di oltre 9, mentre su base Price Earnings Relative (o rispetto al mercato più ampio) è passato da 0,48 volte a 0,54 volte contro una “normalità” di lungo periodo di 0,8. Queste due metriche suggeriscono che c’è un margine di rialzo compreso tra il 35 e il 50% per raggiungere un multiplo di valutazione medio o per stabilire un rapporto normale con il resto del mercato: su questa base, il settore rimane conveniente in termini di valutazione.
Grafico 1: Multiplo PE del settore bancario europeo
E se gli utili/profitti dovessero diminuire, come molti chiedono, con l’esaurirsi del ciclo dei tassi d’interesse? L’aumento dei tassi d’interesse da -0,5% a oltre il 2% ha trasformato la redditività delle banche europee, portando a un più che raddoppio del rendimento del capitale proprio del settore. Ma riteniamo anche che molti fraintendano fondamentalmente il rapporto tra redditività del settore bancario e tassi di interesse. Nella maggior parte dei contesti dei tassi c’è una scarsa relazione tra il livello dei tassi d’interesse, o dei rendimenti obbligazionari e i margini d’interesse netti, i ricavi e gli utili / il Roe, del settore bancario europeo, ma la relazione complessiva tra tassi/rendimenti e utili bancari non è lineare bensì asimmetrica: nella maggior parte dei casi non vi è alcuna relazione, ma a livelli molto bassi di tassi e rendimenti (inferiori all’1,5%) l’impatto sugli utili bancari è davvero molto negativo. In altre parole, tassi di interesse bassissimi o a zero e rendimenti sono molto negativi per gli utili bancari e il RoE, ma per il resto i tassi di interesse e i rendimenti non contano granché, mentre l’intensità della concorrenza è molto più significativa.
Non pensiamo che torneremo di nuovo ai tassi zero (nel corso della nostra vita), dato che l’economia globale ha una serie di influenze inflazionistiche che la guidano. Non esiste un periodo paragonabile al 2008-21 nella storia moderna e molti economisti cominciano a chiedersi se i tassi a zero e il quantitative easing siano stati errori madornali di politica che hanno creato grandi distorsioni economiche.
C’è qualcos’altro che potrebbe causare la rottura della redditività del settore?
Riteniamo improbabile che si verifichi un ciclo del credito (ovvero, perdite sui prestiti), poiché il settore ha trascorso gran parte degli ultimi 15 anni a ridurre la leva finanziaria: non c’è molto rischio nei bilanci bancari e questo deleveraging si riflette anche nei settori del consumo e delle imprese in molte economie europee. Inoltre, il settore ha attraversato una fase di consolidamento, riducendo così l’intensità della concorrenza, per cui non c’è nemmeno il rischio che guerre dei prezzi facciano crollare la redditività. Inoltre, con livelli di capitalizzazione molto più elevati, il settore ha adottato fortemente il riacquisto di azioni proprie, tanto che, anche con la forte performance da inizio anno, la maggior parte dei titoli ha un rendimento totale da distribuzione superiore al 10%, probabilmente sostenibile per i prossimi anni.
In sintesi, sebbene il settore abbia fatto molto bene da inizio anno e vi sia il rischio a breve termine di un “consolidamento” o di una lieve sottoperformance in termini di delusioni nel primo trimestre, a nostro avviso i fondamentali rimangono convincenti e il settore a buon mercato.