Il focus della Cina sul deleveraging è iniziato nel 2017 e, dopo un’interruzione a causa della pandemia, nel 2021 è tornato a essere un punto chiave della politica economica, con l’obiettivo strategico di controllare il rapporto tra debito e PIL. Segna un cambio di politica, che avrà un impatto significativo sull’economia cinese e sui mercati finanziari nei prossimi anni.
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La leva finanziaria è aumentata dopo la crisi finanziaria globale
Il rapporto debito/PIL della Cina è salito dopo il massiccio stimolo fiscale introdotto in risposta alla crisi finanziaria globale. Si è poi stabilizzato nel periodo 2017-2019, grazie alla campagna di deleveraging del Presidente Xi, ma non sorprende che sia cresciuto notevolmente nel 2020 dopo le eccezionali misure introdotte per contrastare la pandemia. A dicembre 2020, la misura aggregata della leva finanziaria era salita al 285%, molto al di sopra di quella di altre economie di mercato emergenti e più vicino a quello di un’economia sviluppata.
C’è stato anche un cambiamento nella composizione del debito: la leva finanziaria delle imprese, il settore che destava maggiori preoccupazioni, si è stabilizzata su un livello elevato. Al contrario, il debito delle famiglie e del governo rispetto al PIL ha continuato a crescere.
Dai dati è molto chiaro che – ad eccezione del 2020 – la Cina ha già fatto molto per limitare la crescita della leva dal 2016. Riteniamo che gli investitori non debbano sottovalutare l’impegno del governo di Xi Jinping nell’affrontare il crescente rischio del settore finanziario cinese, continuando a stabilizzare il rapporto debito/PIL e migliorando gradualmente l’allocazione del credito interno nel tempo. Il deleveraging continuerà ma è improbabile che sia un processo lineare nel medio termine, poiché la Cina non sacrificherà la crescita ad ogni costo.
Il focus sul deleveraging del sistema finanziario
Riteniamo che un obiettivo chiave della campagna di deleveraging del sistema finanziario sia quello di tornare a un settore bancario più semplice e meglio capitalizzato. Per assicurarsi una crescita elevata senza aumentare la leva finanziaria, un’allocazione efficiente del credito è vitale per la Cina.
Si tende a sottovalutare il fatto che le autorità finanziarie cinesi hanno lavorato costantemente dal 2016 per ridurre gradualmente i rischi nel sistema bancario, con un certo successo. Abbiamo visto un aumento del ritmo di cessioni e cancellazioni di prestiti in sofferenza (NPL), un irrigidimento dei criteri per qualificare gli NPL e un aumento delle riserve. Nella sua indagine annuale su oltre 4.000 banche e istituzioni finanziarie non bancarie, la People’s Bank of China ha classificato il 2-10% delle istituzioni per asset/dati ad alto rischio.
Inoltre, la dipendenza della Cina dal debito estero è relativamente limitata, e le istituzioni straniere hanno avuto una presenza limitata in Cina: ora ciò sta cambiando a seguito delle recenti riforme finanziarie, e ci sono buone opportunità aperte alle società finanziarie straniere per espandere la loro presenza in Cina.
L’indebitamento del settore immobiliare
I recenti problemi finanziari di Evergrande e di un piccolo numero di altri operatori altamente indebitati sono stati estremi e non sono tipici del settore immobiliare cinese in generale. Tuttavia, molti investitori guardano ancora al settore con preoccupazione. Ciò non sorprende dato che l’immobiliare ha guidato lo sviluppo economico della Cina negli ultimi 20 anni. Di conseguenza, la salute finanziaria del settore immobiliare è oggi strettamente legata a quella del settore finanziario, che ha un’esposizione sull’immobiliare attorno al 40%.
I mercati sono stati sorpresi dalla notizia che Evergrande abbia pagato gli interessi in sospeso sul suo bond in dollari prima della scadenza, evitando il default. Insieme ai recenti messaggi di sostegno da parte di alti funzionari politici e dalla Banca Centrale, ciò suggerisce che Pechino farà il possibile per limitare il contagio, ma potrebbe volerci del tempo per una ristrutturazione completa del settore.
Le implicazioni macroeconomiche del deleveraging
In primo luogo, per una grande economia come la Cina, il deleveraging implica un periodo di crescita più lenta, maggiori surplus esterni e deficit più bassi. Dato che la Cina ha rappresentato fino a un terzo della crescita globale di recente, ciò implicherà un notevole freno alla crescita globale.
Per i mercati emergenti, il deleveraging della Cina significa meno opportunità di crescita. Le economie dei mercati emergenti hanno un margine limitato per aumentare la loro quota di esportazioni verso la Cina, ad eccezione di alcuni prodotti a basso valore aggiunto o alcuni articoli specializzati ad alto valore, come le esportazioni tecnologiche sudcoreane o taiwanesi. È quindi possibile che i mercati emergenti debbano sviluppare nuove fonti di crescita e una di queste potrebbe essere il turismo: una volta che la Cina riaprirà i suoi confini, è probabile che il turismo in uscita verso altri Paesi asiatici, specialmente il sud-est asiatico, si espanda rapidamente.
Più in generale, tuttavia, man mano che la Cina diventa un Paese più ricco e benestante, potrebbe passare a importazioni più sofisticate e a più alto valore aggiunto dalle economie sviluppate. Questo, a sua volta, sta già ampliando il segmento a basso valore aggiunto e nella parte inferiore dei segmenti a medio valore aggiunto per altri mercati emergenti, in particolare i mercati di frontiera. Tuttavia, nessuno può offrire il pacchetto completo di bassi salari, efficienza delle infrastrutture e un contesto commerciale favorevole della Cina, il che significa che è improbabile che ci sia un unico vincitore in questo processo.
Negli ultimi 20 anni, il ciclo del credito cinese ha avuto una forte influenza sugli asset dei mercati emergenti, in particolare sul credito e sul Forex. Questo legame potrebbe indebolirsi nel tempo, anche se pensiamo che giocherà ancora un ruolo significativo.
A cura di Chris Kushlis, Chief of China and Emerging Markets Macro Strategy, T. Rowe Price