Si prevede che il conflitto ucraino avrà un impatto duraturo sugli investimenti. Allo stesso tempo, ricadute di vasta portata potrebbero farsi sentire anche in tutto il panorama ESG, sotto forma di restrizioni agli investimenti, ma anche di un ritmo più rapido della transizione energetica – in particolare per l’Europa.
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Potenziale esclusione degli emittenti con legami con la Russia
Le preoccupazioni relative alle violazioni dei diritti umani potrebbero portare a stilare una lista nera di alcune aziende, in aggiunta alle sanzioni legali che sono già state intensificate. In particolare, le aziende che sono percepite come dirette sostenitrici o strettamente legate all’invasione saranno probabilmente incluse nelle liste di esclusione basate sulla condotta ESG. Tali liste potrebbero riguardare anche le società che finanziano o supportano il governo russo, come quelle che vendono attrezzature militari, le aziende coinvolte nell’industria del petrolio e del gas o dell’estrazione di altri minerali. Questa potrebbe essere una lista piuttosto lunga, ma che probabilmente si sovrapporrà in modo significativo con le liste delle sanzioni governative.
In Europa, oltre alle sanzioni imposte dai governi, stiamo già vedendo società con asset russi prendere decisioni rapide. Per esempio, BP ha annunciato che liquiderà la sua partecipazione in Rosneft, mentre Shell ha annunciato che uscirà dalle joint venture con Gazprom e altre entità affiliate.
Anche Norges Bank Investment Management, l’entità che gestisce il fondo sovrano norvegese da 1.300 miliardi di dollari, ha agito rapidamente: domenica 27 febbraio ha annunciato il congelamento di tutti gli investimenti in Russia. Norges Bank è una voce di peso nell’universo ESG, quindi questa posizione sarà un importante punto di riferimento per il resto del mercato.
La transizione verso le energie rinnovabili potenzialmente potrebbe spingere sull’acceleratore
Potrebbero volerci alcuni anni, ma questo conflitto potrebbe contribuire a dare un’accelerata alla transizione energetica, in particolare in Europa. La stabilità dei sistemi energetici dipende da tre criteri, conosciuti come il “trilemma dell’energia”: 1) sicurezza dell’approvvigionamento, 2) costo e 3) impatto ambientale. I criteri 1 e 2 sono stati usati in passato per giustificare il mantenimento della fornitura di petrolio e gas, ma la decisione della Russia di invadere l’Ucraina ha ribaltato il quadro.
Sebbene il recente salto nel costo del petrolio e del gas possa essere di breve durata, i timori legati alla sicurezza delle forniture non lo saranno. La Russia rappresenta il 12% della produzione globale di petrolio e il 18% della produzione globale di gas naturale. La dipendenza dai rifornimenti di petrolio e gas russo è molto più alta per l’UE, data la sua vicinanza geografica. Nel 2020, più della metà delle esportazioni di petrolio della Russia e circa l’85% delle sue esportazioni di gas naturale sono state destinate all’Europa.
Crediamo che l’attuale shock dei prezzi e le preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti dalla Russia abbia potenzialmente agevolato la progressione del Green Deal dell’UE. Da notare che i Paesi dell’Unione che sono stati più contrari a far passare l’accordo includono alcuni di quelli più vulnerabili alla Russia.
È molto difficile modificare l’approvvigionamento energetico in tempi rapidi senza incorrere in costi più elevati e danneggiare l’economia. Tuttavia, in questo senso l’UE è posizionata molto meglio oggi, data la disponibilità di alternative più economiche ai combustibili non fossili, una maggiore innovazione nei modelli di consumo energetico e la preoccupazione che la dipendenza energetica dall’estero possa essere usata come arma.
Tutto questo porta l’Unione Europea ad avere un’altra ragione molto forte per spingere verso una transizione energetica più incisiva e più veloce. Questo vorrà dire investire nelle energie rinnovabili, ma forse, cosa ancora più importante, significherà anche investire nell’efficienza energetica (elettrodomestici intelligenti, edifici verdi, ecc.), nell’elettrificazione e in altre pratiche che possono ridurre la dipendenza dal petrolio e dal gas naturale.
All’indomani dell’invasione russa e dell’inizio del conflitto ucraino, stiamo già vedendo alcuni Paesi riconsiderare il loro percorso per ridurre la dipendenza dal petrolio e dal gas russo. Per esempio, il governo tedesco si era opposto all’inclusione del nucleare come combustibile di transizione nella tassonomia dell’UE, ma i recenti eventi potrebbero aver favorito un ripensamento. Estendere la vita degli impianti nucleari esistenti è una delle possibili opzioni per aiutare a ridurre la dipendenza dell’Europa dal gas russo.
A cura di Maria Drew, Director of Research, Responsible Investing, T. Rowe Price