Restano ben pochi motivi per essere ottimisti sull’economia e sui mercati. I trend che hanno reso difficile la prima metà del 2022 non si sono purtroppo attenuati dopo l’estate. I dati suggeriscono che le speranze di crescita economica si fanno sempre più flebili. Siamo davvero sull’orlo di una recessione globale.
Nel frattempo, le banche centrali in tutto il mondo hanno deciso di affrontare una sfida quasi esistenziale: l’inflazione deve scendere e deve farlo ora.
Si sono così creati forti contrasti: da un lato, previsioni piuttosto fosche per l’economia globale, dall’altro, banche centrali con un atteggiamento da falco. In questi ultimi tempi turbolenti, i luoghi in cui rifugiarsi sono stati davvero pochi: tutte le principali asset class sono state colpite da perdite evidenti.
Cosa si prevede per il resto del 2022? Purtroppo, anche se oltre queste nubi scure si intravedono i contorni di tempi migliori, tutto indica che dovremo sopportare prospettive cupe per qualche tempo.
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In attesa della scossa di assestamento
L’economia globale è stata colpita da una serie di shock sistemici. Il problema di questi colpi così profondi è che si sono consolidati e che i postumi potrebbero durare a lungo.
La sfida principale è rappresentata dalle banche centrali stesse e dagli strumenti che hanno utilizzato finora contro l’inflazione. Il loro pieno effetto può richiedere molto tempo per manifestarsi e può essere difficile prevedere per quanto tempo continueranno a pesare sull’economia. Mi aspetto che ci vorranno alcuni trimestri prima di sentire tutto il peso delle scelte fatte finora dalle banche centrali.
A ciò si aggiunge la tragica guerra in Ucraina, che ha portato a un aumento dei prezzi delle materie prime, che hanno eroso il potere d’acquisto di famiglie e imprese e hanno spinto le banche centrali a stringere le maglie.
Nel breve periodo, credo che la decisione della Russia di tagliare le esportazioni di gas verso l’Europa costringerà a un razionamento dell’energia nel continente. Ritengo che lo scenario più probabile sia quello di diversi anni con una fornitura di energia significativamente inferiore, il che spesso equivale a una mancata crescita.
Mi aspetto quindi una recessione in Europa e, poiché l’UE rappresenta circa il 17% del PIL mondiale, gli effetti potrebbero essere anche globali.
Se guardiamo alla Cina, ci sono anche sfide significative per la crescita. Una di queste è la politica di tolleranza zero nei confronti del COVID; un’altra è la decisione di ripulire il settore immobiliare del Paese, che si trova in difficoltà. Non è un compito da poco: se si contano le parti dell’economia che dipendono dal settore, l’immobiliare rappresenta il 25-30% del PIL.
Se guardiamo agli Stati Uniti, la Fed è stata molto chiara nel suo obiettivo: l’inflazione deve essere controllata, quasi ad ogni costo, e una recessione non è un prezzo troppo alto da pagare. Ciò significa che ora ci troviamo in una situazione in cui la stessa Banca Centrale statunitense sta consapevolmente guidando il Paese verso una recessione.
Una combinazione kryptoniana
Con il rischio di semplificare eccessivamente uno scenario piuttosto complesso: il prezzo del denaro – i tassi di interesse – sale; la crescita è in calo. Gli asset di rischio (come le azioni) preferiscono denaro a buon mercato e crescita elevata. È quasi superfluo dirlo, ma le dinamiche attuali sono qualcosa di simile alla kryptonite per i mercati.
Ci sono segnali positivi? Si può forse trarre conforto dal fatto che l’umore è già così cattivo che non può peggiorare di molto – e che gli investitori hanno già venduto così tanto nel 2022 che dovrebbero esserci almeno meno venditori sul mercato rispetto a prima. Forse, in una situazione del genere, non sono necessarie tante buone notizie per creare una rimonta degli asset di rischio.
Più in generale, si può dire che se l’inflazione ha davvero raggiunto il suo picco – e se allo stesso tempo la crescita rallenterà al ritmo che mi aspetto – allora forse possiamo aspettarci toni leggermente più morbidi da parte delle banche centrali. In questo caso, il fattore decisivo è soprattutto il calo dei prezzi di molte materie prime. Se questo fenomeno continuerà, il potere d’acquisto delle famiglie aumenterà e la pressione sulle banche centrali diminuirà di conseguenza.
Se si mettono insieme tutti i pezzi, il quadro è purtroppo – anche se ci sono deboli segni di luce – molto, molto buio. La tempesta infuria e la strategia giusta è quella di mantenere un approccio conservativo. Rimanere in disparte e aspettare i tempi migliori che prima o poi arriveranno.Purtroppo, ritengo che potremmo assistere ad almeno un paio di false albe – come la rimonta azionaria di quest’estate – prima di toccare davvero il fondo di questo ciclo, che vedremo solo quando le banche centrali cambieranno rotta o la crescita si rimetterà in moto.
Commento a cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price