Rimaniamo cauti sulle azioni giapponesi e manteniamo la nostra posizione di sottopeso, visto il presunto cambiamento della politica della BoJ e le sue conseguenze sullo yen. Il previsto apprezzamento del 6,5% del dello Yen (ponderato su base commerciale) entro la fine dell’anno equivarrebbe a una sottoperformance del 10% delle azioni giapponesi rispetto a quelle globali. Inoltre, le valutazioni non sono eccessivamente attraenti e i portafogli a reddito fisso delle banche giapponesi rischiano di subire perdite nel caso di un aumento di 50 punti base dei rendimenti dei JGB – Japanese Government Bond (il nostro scenario di base). Sebbene queste perdite non rappresentino un pericolo per il capitale bancario, evitando così scenari di rischi di coda, potrebbero comunque pesare sugli utili delle banche nei prossimi trimestri.
Il mercato azionario giapponese ha toccato un massimo di 15 anni rispetto all’MSCI AC World ex-US (in valuta locale) a ottobre, prima di sottoperformare le azioni globali di circa il 7% negli ultimi 6 mesi. Questa sottoperformance si è verificata nel contesto di un aumento del 4% dello yen (ponderato su base commerciale), a dimostrazione del fatto che la valuta rimane il principale driver delle azioni giapponesi.
Tra i principali mercati, solo le azioni del Regno Unito presentano una maggiore correlazione inversa con la valuta nazionale. Di conseguenza, le nostre prospettive più caute, ma comunque positive, per lo yen continuano a sostenere una posizione sottopesata nelle azioni giapponesi. Prevediamo che lo yen si apprezzerà di un altro 6,5% entro la fine dell’anno, il che implica un’ulteriore sottoperformance del 10% delle azioni giapponesi rispetto a quelle globali nei prossimi 9 mesi, in valuta locale (coperta).
Alcuni sostengono che le azioni giapponesi mostrino valutazioni interessanti. Noi respingiamo questo ragionamento sulla base del fatto che quasi tutti i mercati sembrano valutati in modo attraente se confrontati con le azioni globali, a loro volta dominate da quelle statunitensi. Se si eliminano le azioni statunitensi o si considerano le valutazioni relative rispetto all’Europa, i rapporti prezzi /utili (PE) giapponesi appaiono improvvisamente più allineati alle medie di lungo periodo o addirittura leggermente superiori.
Viste le prospettive per lo yen, siamo quindi tranquilli nel mantenere la nostra posizione di sottopeso. Inoltre, sebbene riteniamo che i rischi di coda nel settore bancario derivanti dall’aumento dei tassi siano gestibili, l’aumento dei rendimenti dei JGB rappresenta chiaramente un rischio per il valore dei portafogli a reddito fisso delle banche e per i loro utili. Nel suo ultimo Rapporto sul sistema finanziario dell’ottobre 2022, la BoJ afferma che i rischi di tasso d’interesse derivanti dalle obbligazioni denominate in yen sono vicini ai massimi storici, poiché negli ultimi anni le banche hanno continuato ad aumentare le proprie posizioni obbligazionarie e hanno allungato la duration.
Lo stesso stress test della BoJ rileva che le perdite sui portafogli obbligazionari delle banche in caso di spostamento parallelo di 100 pb della curva dei JGB equivarrebbero a circa il 18% del capitale bancario totale. Si stima che l’esposizione delle grandi banche all’aumento dei tassi sia relativamente moderata, con un potenziale impatto del 10% sul capitale, mentre le banche più piccole sarebbero sostanzialmente più esposte. Nello scenario di stress test della BoJ, le banche Shinkin (equivalenti alle banche cooperative regionali) subirebbero un impatto del 30% del proprio capitale. Anche se non sono quotate in borsa, le potenziali ripercussioni non dovrebbero essere ignorate. Le 264 banche Shinkin sono molto importanti per i prestiti alle piccole e medie imprese e potrebbero avere effetti di contagio anche sul più ampio settore bancario giapponese. Poiché nel nostro scenario di base ipotizziamo che la BoJ allarghi gradualmente gli YCC (curva dei rendimenti) di soli 50 punti base (anziché 100 pb come ipotizzato nello scenario di stress test della BoJ stessa), l’impatto effettivo sul capitale dovrebbe essere più moderato.
Uno stress test dimezzato della BoJ equivarrebbe quindi a un più moderato 5% del capitale delle principali banche. Inoltre, gli effetti sul capitale potrebbero essere ancora inferiori, in quanto queste perdite di valutazione probabilmente non verrebbero immediatamente conteggiate e si tradurrebbero in un impatto sul capitale.
Poiché’ il coefficiente medio di adeguatezza patrimoniale delle principali banche si attesta all’11,8% (e al 10,1% per le banche regionali), ben al di sopra dei requisiti minimi del 7% (e del 4% per le banche regionali), i coefficienti patrimoniali resterebbero ben al di sopra delle soglie minime regolamentari, anche se le perdite di valutazione fossero interamente contabilizzate. Tuttavia, sebbene sia improbabile che le banche abbiano problemi di solvibilità, le perdite contabili dei principali istituti potrebbero comunque ammontare a più di due terzi degli utili annuali. Ciò rende la situazione giapponese simile a quella europea, dove le principali banche sembrano sufficientemente capitalizzate per sostenere i costi derivanti dall’aumento dei tassi, ma rimangono esposte in termini di utili.
a cura di Wolf von Rotberg, Equity Strategist di J. Safra Sarasin