Sebbene l’inflazione sia in discesa e i dati economici stiano migliorando, gli storici segnali che indicano una recessione potrebbero rivelarsi troppo forti da far sì che se ne possa evitare una. Riccioli d’oro (Goldilocks) rischia un taglio di capelli, il che ci ha indotto ad assumere una posizione più cauta. Si resta neutrali sull’azionario globale e si preferiscono le obbligazioni high yield con valutazioni più interessanti come copertura contro l’estensione del sentiment positivo. Negli ultimi mesi i mercati si sono scrollati di dosso la narrativa di un’imminente recessione, per orientarsi verso uno scenario di soft landing (o addirittura di assenza di un atterraggio) per l’economia globale. Non solo investitori, ultimamente anche esperti funzionari governativi come il Segretario del Tesoro statunitense, Janet Yellen, sono entrati nel team soft landing. Un sondaggio di Bloomberg ha mostrato che le ricerche per “soft landing” sono alle stelle. Questa svolta verso lo scenario “Goldilocks” è comprensibile; i dati sembrano provarlo. Le cifre sull’economia statunitense, come i payroll non agricoli e le vendite al dettaglio, hanno sorpreso al rialzo e si sono contrapposti ai precedenti dati sulla fiducia più negativi.
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Le ragioni dietro l’ottimismo
I consumatori occidentali resilienti, un clima favorevole e la riapertura dell’economia cinese dopo la fine della politica “zero Covid” hanno inoltre rafforzato il sentiment. Il ritmo della disinflazione occidentale è stato più forte del previsto e, di conseguenza, i mercati hanno goduto di un’ondata di crescita economica più elevata del previsto e di inflazione più bassa. Tuttavia, potremmo aver toccato il picco dello scenario “Riccioli d’oro”, in quanto i mercati potrebbero aver scelto di guardare allo scenario più favorevole. Tuttavia, il mercato potrebbe aver trascurato ciò che storicamente è accaduto più spesso in circostanze economiche simili.
I tre motivi dietro al taglio
A nostro avviso, sono tre i motivi per cui si prospetta un taglio per l’eroina dai capelli dorati: i tradizionali indicatori di recessione, lo squilibrio tra inflazione e disoccupazione e la disinflazione che si verifica in concomitanza con sorprese macroeconomiche positive. In primo luogo, gli indicatori di recessione più affidabili contraddicono fortemente uno scenario “Goldilocks” su un orizzonte di 12 mesi. Il campanello d’allarme della curva dei rendimenti si è intensificato nell’anno in corso, poiché l’inversione della curva 2/10 anni si è inasprita sulla scia del recente riprezzamento dei rialzi della Fed verso un tasso terminale del 5,4%.
Negli ultimi quattro decenni, l’inversione della curva dei rendimenti USA è stata raramente un falso allarme, con un’eccezione nel 1998. Il mercato obbligazionario ci dice che una Fed determinata a riportare l’inflazione verso l’obiettivo, aumentando i tassi ben oltre il territorio positivo, finirà per pesare sulla domanda aggregata. Il tempismo è fondamentale in questo caso, poiché la latenza tra il segnale e le effettive ricadute economiche è molto variabile e può potenzialmente spiazzare sia un mercato rialzista che uno ribassista. Ad esempio, quando la curva dei rendimenti si è invertita nell’agosto 2005, ci sono voluti altri 29 mesi prima dell’inizio di una recessione (come definita dal NBER) nel 2008, anche se il ritardo medio è di 16 mesi.
Inflazione e disoccupazione
In secondo luogo, c’è discrepanza tra l’aumento dell’inflazione e il calo della disoccupazione. Se da un lato c’è da rallegrarsi per la resilienza dei consumatori a fronte di mercati del lavoro ancora ristretti, dall’altro i tassi ai minimi ciclici sono un segnale contrarian per l’attività economica futura. Ogni volta che il tasso di disoccupazione statunitense scende sotto il 5% e l’inflazione supera il 4%, nei due anni successivi si verifica una recessione nel 100% dei casi. Un tasso di base così forte richiede azioni repentine per i rischi che incombono sulle prospettive di crescita a medio termine degli Stati Uniti. Questa opinione può essere ulteriormente avvalorata se si considera il forte calo del sentiment del mercato immobiliare, un indicatore importante della disoccupazione statunitense. Poiché la decisione di acquistare una casa è fortemente determinata dalla percezione di sicurezza professionale futura, il deterioramento del sentiment degli acquirenti segnala che potrebbe esserci una svolta significativa sul mercato del lavoro.
Equilibrio altamente instabile
Il terzo motivo è la recente disinflazione più forte del previsto in concomitanza con sorprese macroeconomiche positive. Non è detto che il processo di disinflazione in sé sia a rischio, ma il ritmo potrebbe rallentare (gli indici di sorpresa sono aumentati già il mese scorso) e togliere un po’ di lucentezza a Riccioli d’oro. Il momentum economico è migliorato nelle economie avanzate e l’indice PMI globale è tornato al di sopra dei 50 (segno di espansione economica) per la prima volta in sei mesi. Mentre i prezzi delle materie prime sono diminuiti del 3,3% da inizio anno, la continua ripresa dell’attività manifatturiera soprattutto in Asia potrebbe rallentare il ritmo della disinflazione nominale.
L’inflazione è ancora in crescita
Nel frattempo, la tanto temuta inflazione PCE è aumentata negli ultimi mesi e i dati mostrano che quasi la metà di tale aumento è legata al lato offerta dell’economia. Sebbene i problemi delle catene di fornitura si siano notevolmente attenuati, sarebbe necessario un altro forte shock positivo dal lato dell’offerta, soprattutto attraverso investimenti, per eliminare gli elementi di inflazione presenti in diversi settori economici. Tutto sommato, l’inflazione potrebbe rivelarsi più viscosa fino a quando non entrerà in scena una recessione, poiché questa fase del ciclo economico innesca tipicamente una forte disinflazione. Nel frattempo, le banche centrali potrebbero ritenere di dover fare di più per ridurre la domanda aggregata, il che implica un possibile maggiore freno all’economia e ai mercati finanziari in futuro.
A cura di Peter van der Welle, Strategist Multi Asset di Robeco