Sam Bankman-Fried e altri top manager della società sorella di FTX, Alameda Research, sono stati invitati a presentarsi davanti a una commissione bipartisan presieduta dalla U.S. House Financial Services Committee per la seconda metà di dicembre. La procedura per la bancarotta di FTX ha dimostrato che la piattaforma di Bankman-Fried mancava di controllo aziendale e che i suoi documenti contabili sono da ritenersi inaffidabili, in quanto non sono state riscontrate le consuete pratiche gestionali. È venuto alla luce anche che FTX è indebitata con i suoi 50 maggiori creditori per 3,1 miliardi di dollari.
Con queste ultime novità provenienti dagli USA, sembra ormai chiaro che tutta la vicenda si stia avviando verso una conclusione sempre più scontata; ma ciò che ancora non si è concluso è il contagio che questa ha avuto su altri asset digitali. Infatti, quando FTX ha avviato le pratiche per il fallimento societario, è apparso subito evidente il danno che questa decisione avrebbe avuto su altre imprese native digitali fortemente esposte alla ormai ex piattaforma di scambio e al suo market maker, Alameda. Per fare alcuni esempi, Genesis ha imposto lo stop ai prelievi e a nuovi prestiti, subito dopo aver annunciato un’iniezione di liquidità pari a 140 milioni di dollari in azioni da parte della sua parent company, Digital Currency Group. Tuttavia, pare che questo non sarà sufficiente a salvare la società, dato che, nel corso del weekend, non sarebbe riuscita a raccogliere tutta la liquidità necessaria per continuare la sua attività (stimata attorno a 1 miliardo di dollari).
Come ampiamente preventivato, anche l’ecosistema di Solana è stato duramente colpito dalla bancarotta di FTX, in quanto numerosi fondi che erano fortemente esposti alla piattaforma, lo erano anche verso SOL o verso altre valute digitali agganciate a quest’ultima. Per capire l’entità del danno, basti pensare che, al 22 novembre 2022, il TVL di Solana (un parametro che potrebbe essere visto come le masse gestite da una realtà nativa digitale) è crollato di 330 milioni di dollari, mentre il valore degli asset ha ceduto 700 milioni nell’arco di due settimane. Come se non bastasse, altri player di mercato quali OKex, Bybit e Crypto.com hanno annunciato terminato il supporto alla blockchain di Solana in USDT e USDC.
Noi di 21Shares riteniamo che siamo solamente all’inizio di un contagio i cui effetti negativi sull’intero universo cripto dureranno per mesi, con ripercussioni più o meno forti per numerosi player di mercato. Tuttavia, se tra tutti i possibili eventi futuri dovessimo elencare quelli più probabili nel breve periodo, sicuramente citeremmo l’insolvenza della succitata Genesis e, forse, dell’intera Digital Currency Group. Se le voci sulla mancata raccolta di un ammontare sufficiente di liquidità della prima si rivelassero vere, la società non avrebbe altra scelta se non dichiarare la bancarotta, in quanto solo così potrebbe ristrutturare o liquidare gli asset necessari per appianare il debito che attualmente ammonta a 1,5 miliardi. Le prospettive non sono comunque brillanti, in quanto Binance si è già detta indisponibile per un bailout a causa di conflitti d’interesse con il modello di business di Genesis.
È molto probabile che nei prossimi giorni continueremo anche ad assistere alla contrazione dell’ecosistema Solana, falcidiato da una liquidità sempre minore e con i provider di servizi DeFi più critici che hanno già fatto capire di essere pronti ad abbandonare questa alternativa Layer1 in difficoltà. Tether, per esempio, ha già preso la decisione di trasferire oltre un miliardo di dollari in USDT su Ethereum. Nonostante tutto, la nostra posizione verso Solana è più ottimistica, in quanto riteniamo che alla fine riuscirà a superare la crisi FTX/Alameda, grazie alla sua capacità di attirare una comunità di sviluppatori fedeli e vivaci, interessati maggiormente al successo nel lungo periodo.
A cura di Eliézer Ndinga, Director of Research di 21Shares