Stagione delle trimestrali: il ritorno dello stock-picking

Dopo un inizio deludente e alcuni numeri molto deboli da parte delle Big Tech, la stagione delle trimestrali è ora entrata in un territorio più positivo.
stagione delle trimestrali
Axelle Pinon Carmignac stagione delle trimestrali
Axelle Pinon, Carmignac

Sono state due settimane importanti per gli investitori azionari. Dopo un inizio deludente e alcuni numeri molto deboli da parte delle Big Tech, la stagione delle trimestrali è ora entrata in un territorio più positivo. Se da un lato ciò rappresenta un sollievo per gli investitori, dall’altro è evidente che molte società si stanno preparando a un 2023 difficile.

Dopo diversi trimestri in cui l’inflazione e la politica delle banche centrali sono state la forza trainante delle valutazioni azionarie, inoltre, i risultati finanziari sono chiaramente tornati a svolgere un ruolo importante.

Vediamo tre elementi principali:

1. Gli utili del terzo trimestre sono in qualche modo “meno negativi di quanto temuto”

Erano tutti pronti a ricevere cattive notizie, ma nel complesso le cose sono andate meglio del previsto. Ciò non significa però che il difficile contesto macro sia stato meno impattante delle attese. Riteniamo che vi siano diverse ragioni alla base di questo risultato:

Finora, la crescita media degli utili dell’S&P 500 nel terzo trimestre è stata del +3% (rispetto al -3% di una settimana fa), ma la maggior parte della positività proviene dal settore energetico (+150%). I servizi di comunicazione, i finanziari e i materiali hanno registrato alcuni dei maggiori cali nella crescita degli utili del trimestre a causa della loro sensibilità alla fase iniziale del ciclo economico.

I profit warning, soprattutto in Europa, hanno subito un’accelerazione sia prima che a ridosso della stagione delle trimestrali, ridimensionando le attese.

I dati del terzo trimestre sono retrospettivi, quindi non riflettono il deterioramento attuale degli indicatori macro.

Le forward guidance hanno avuto un orizzonte più breve rispetto al passato, mentre gli effetti della recessione economica e dell’inasprimento delle condizioni finanziarie dovrebbero manifestarsi con un certo ritardo.


2. Appaiono evidenti i seguenti punti:

La redditività delle società del settore dei beni di consumo sta resistendo, per ora. L’inflazione ha contribuito positivamente in questo senso, in quanto il forte potere di determinazione dei prezzi e la capacità di adattamento dei consumatori (che hanno beneficiato dei grandi risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia) hanno permesso di trasferire ai clienti l’aumento dei costi dei fattori produttivi. Tuttavia, con l’aumento dell’elasticità dei prezzi e il peggioramento dell’outlook, la domanda si indebolirà. Il potere di determinazione dei prezzi dovrebbe pertanto diminuire, lasciando le aziende a dover affrontare l’aumento dei costi dei fattori produttivi da un lato, e un calo dei prezzi di vendita o della domanda dall’altro. Le aziende con un forte potere di determinazione dei prezzi o i titoli difensivi growth dovrebbero essere quelli che resisteranno meglio.

La tenuta dei consumatori statunitensi. I risultati di Amazon, sebbene nel complesso deludenti, hanno dimostrato la capacità di recupero dei consumatori americani, con un aumento delle vendite nordamericane del 20% su base annua (contro il 10% del secondo trimestre). Al contrario, le difficoltà dei consumatori europei e britannici iniziano a manifestarsi con l’avvicinarsi della recessione. Lo stesso trend è evidente in diverse società finanziarie.

L’outlook è in peggioramento. Le aziende stanno tagliando i budget pubblicitari e informatici. Ad esempio, Snapchat e YouTube (di proprietà di Google) hanno visto un taglio della spesa pubblicitaria, mentre Amazon e Microsoft hanno chiarito che i budget IT stanno iniziando a essere rivisti al ribasso.

3. Le Big Tech sono state la maggiore sorpresa

Alcuni dei problemi fondamentali emersi di recente dai titoli a grande capitalizzazione sembrano aver spiazzato gli analisti. Probabilmente persisteranno per i prossimi 6-9 mesi.

Nell’ultimo decennio, questi titoli hanno rappresentato per gli investitori il modo migliore per ottenere una crescita superiore rispetto al resto del mercato in un contesto globale in cui la crescita era scarsa. Queste società presentavano enormi vantaggi competitivi, un’elevata leva operativa e traiettorie di crescita che sembravano inarrestabili… fino ad oggi.

Gli investitori hanno spostato la loro attenzione dalle interessanti prospettive di crescita a lungo termine alla redditività che le aziende sono in grado di garantire nel breve periodo. Questo cambio di mentalità è stato esacerbato dall’aumento dei tassi di interesse.

Gli esempi di Google (Alphabet) e Facebook (Meta) illustrano il fatto che gli investitori si concentrano sulla capacità delle aziende di gestire i margini e la redditività in un contesto in cui i ricavi sono sotto pressione.

E soprattutto, gli investitori non guarderanno con favore alle aziende che inseguono la crescita dei ricavi a tutti i costi.

Lasciati alle spalle gli inebrianti giorni dei tassi estremamente bassi, è chiaro che le aziende in grado di adeguare meglio la propria struttura dei costi sapranno cavarsela meglio. È tornato il momento del buon vecchio stock picking.

A cura di Axelle Pinon, membro dell’Investment Committee di Carmignac

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