Sebbene permangano molte incertezze, possiamo comunque cercare di trarre alcune conclusioni dalla conferenza FOAM della Fed:
Puno 1: I tassi a lungo termine sono vicini al “picco” del ciclo?
Nonostante il drammatico ri-prezzamento della parte finale della curva nelle ultime settimane, che è proseguito fino a mercoledì 21 settembre– per esempio, il Treasury a 2 anni, è salito di oltre 100 pb negli ultimi due mesi – l’obbligazionario a lungo termine sta a malapena toccando nuovi massimi di rendimento rispetto a metà giugno. In effetti, i rendimenti dei Treasury a lungo termine sono scesi mercoledì 21 settembre, spinti da cali sia nelle componenti dell’aspettativa di inflazione (breakeven) che in quelle del rendimento reale, in risposta all’esito da “falco”. Questa stabilità relativa dei rendimenti a lungo termine suggerisce che il mercato, a nostro avviso in modo del tutto ragionevole, si sta rassegnando all’impegno della Fed di contenere l’inflazione nei prossimi anni. Pertanto, a meno di una maggiore rivalutazione della traiettoria della Fed, i tassi a lungo termine potrebbero già trovarsi su quelli che risulteranno essere i livelli massimi di questo ciclo.
Punto 2: Valvola di sfogo: Tassi a breve termine
Nonostante i rialzi dei tassi di mercoledì 21 settembre, resta il fatto che l’economia non ha ancora cambiato chiaramente rotta, con un’inflazione che si mantiene criticamente alta a causa di una domanda superiore all’offerta. Finché questa tensione economica permane, il tasso sui Fed Funds e i rendimenti dei Treasury a breve termine fungeranno da valvola di sfogo, e le aspettative sui tassi potrebbero non essere ancora superiori a quelle attuali. Quindi, anche se riteniamo che nella parte anteriore ciò sia stato sufficientemente prezzato, resta il fatto che è troppo presto per parlare di un picco dei rendimenti dei Treasury a breve termine.
Punto 3: Percorso accidentato, ma forse non letale per i prodotti di rischio…
La Fed è chiaramente disposta a rischiare di far salire la disoccupazione – il presidente ha addirittura lasciato intendere la necessità di sacrificare la crescita economica per far scendere l’inflazione verso l’obiettivo – ma è una campana a morto per le azioni e i prodotti a spread? Nonostante la debolezza di mercoledì 21 settembre, a questo punto i prezzi delle azioni sono al di sopra e gli spread creditizi al di sotto dei loro livelli peggiori di giugno, il che suggerisce che, per quanto riguarda i mercati, le probabilità di un hard landing non sembrano essere più elevate di quanto non fossero a giugno, il che riflette un piccolo voto di fiducia da parte dei mercati, nonostante il percorso verso tassi d’interesse più elevati e l’inflazione ostinata. Di conseguenza, il bicchiere delle prospettive per la propensione al rischio dovrebbe essere mezzo vuoto o mezzo pieno a seconda dell’evoluzione dell’inflazione.
Punto 4: Il percorso del dollaro si conferma al rialzo
Mentre in gran parte del mondo si discute delle basi dell’elevata inflazione e dell’aumento dei tassi a breve termine, per quanto riguarda le valute, la situazione degli Stati Uniti sembra meno grave o migliore di quella del resto del mondo. Di conseguenza, l’esito della riunione del FOMC di mercoledì 21 settembre è stato semplicemente una continuazione della tendenza in atto: il dollaro si è mediamente rafforzato nei confronti delle valute dei paesi emergenti e di quelli sviluppati, senza alcun cambiamento apparente in vista.
Conclusioni
La Fed ha evidenziato la propria determinazione a ridurre l’inflazione, continuando a spostare verso l’alto la traiettoria prevista per il tasso sui Fed funds in risposta alle rilevazioni più elevate. Tuttavia, il mercato continua a confidare nella capacità della Fed di stabilizzare l’inflazione e i rendimenti a lungo termine, e a meno che non si verifichi un altro aumento delle aspettative sui tassi a breve, potrebbero già trovarsi nella “zona di picco” per questo ciclo. Per quanto riguarda la propensione al rischio, sebbene sia le azioni che i prodotti a spread siano rimasti deboli dopo la riunione di mercoledì 21 settembre, stazionano comunque a livelli migliori rispetto ai livelli peggiori toccati a giugno, suggerendo che, in assenza di una Fed ancora più falco e/o di un peggioramento del contesto dei fondamentali, la propensione al rischio potrebbe essere incanalata in un processo di stabilizzazione.
A cura di Robert Tipp, Portfolio Manager del fondo PGIM Absolute Return