L’S&P 500 ha registrato rialzi per due settimane consecutive: il 3,4% nella settimana del 22 luglio e il 4,1% in quella del 29 luglio. Negli stessi due periodi, il Nasdaq-100 è salito rispettivamente del 4,4% e del 5%. Alcuni potrebbero essere portati a pensare che questi dati indichino una ripresa del mercato. Tuttavia, analizzando lo slancio dell’S&P 500 si nota che i principali artefici del rialzo della scorsa settimana sono stati i titoli energetici.
Anche il più “tecnologico” Nasdaq-100 mostra una predominanza di titoli energetici che hanno contribuito in modo determinante al rialzo dell’indice nella settimana del 29 luglio.
Il ritorno al rialzo dei titoli energetici è un fenomeno curioso. Negli Stati Uniti, i prezzi medi della benzina hanno registrato una tendenza al ribasso, sebbene siano ancora molto lontani dai prezzi medi di un anno fa.
Si tratta di una serie di segnali apparentemente confusi. Se i prezzi della benzina scendono, i titoli energetici non dovrebbero salire: le società energetiche mostrano generalmente rapporti PE abbastanza costanti, a meno di nuove scoperte di giacimenti energetici. Inoltre, in caso di segnali di ripresa del mercato, i titoli tecnologici dovrebbero essere in testa. Poiché i titoli dei beni di consumo e della sanità, entrambi “preferiti dalla recessione”, hanno perso terreno nell’ultima settimana, ciò potrebbe indicare che il mercato si aspetta che la fase inflazionistica del ciclo inflazione/recessione continui.
In effetti, il 28 luglio è stato confermato che gli Stati Uniti hanno registrato due trimestri di crescita negativa del PIL, rispecchiando così i parametri della definizione standard di recessione.
Nel 2° trimestre, il calo è stato influenzato dai seguenti fattori:
- La spesa dei consumatori è aumentata solo dell’1% su base annua e ha mostrato un sostanziale rallentamento rispetto ai mesi precedenti.
- La costruzione di case (“investimenti fissi residenziali”) è scesa del 14% su base annua.
- Nel secondo trimestre le imprese hanno aumentato le scorte più lentamente rispetto al primo.
- L’edilizia commerciale è scesa dell’11,7% su base annua.
- La spesa del governo federale si è ridotta del 3,2% su base annua, mentre la spesa per la difesa è cresciuta del 2,5% a causa degli aiuti militari forniti all’Ucraina.
Lo US Weekly Economic Index (WEI) del Federal Reserve System conferma il lungo trend al ribasso del PIL in linea con il WEI.
Il Federal Reserve System calcola anche la crescita dei salari su base trimestrale grazie a indagini demografiche. L’ultima indagine mostra che il costo del lavoro per i laureati, i salariati a ore e i lavoratori in età avanzata tende al rialzo, proprio come la media unificata. Ciò conferma che le forti pressioni inflazionistiche non si sono ancora attenuate e probabilmente non si attenueranno a breve.
Questi trend, insieme al calo degli utili dovuto all’aumento dei salari, ai tagli al personale in corso nelle grandi aziende e al calo dei prezzi degli immobili dovuto al costante indebolimento della domanda, confermano che il terzo trimestre è destinato a essere un periodo di crescita negativa negli Stati Uniti, il che rafforza l’ipotesi di definire l’attuale contesto come una recessione. Mentre la Federal Reserve statunitense continua a promettere moderati rialzi costanti dei tassi (il che mantiene il mercato azionario vivace), l’aumento dei prezzi dei titoli energetici menzionato precedentemente indica che ci si aspetta un futuro aumento dei prezzi del petrolio, che comporterà una continuazione del trend in calo dei risparmi delle famiglie registrato quest’anno.
A cura di Sandeep Rao, Head of Research di Leverage Shares