Cambio di paradigma in politica ed economia

Senza nemmeno salire su una DeLorean, Putin ha riportato indietro le lancette dell’orologio della Storia. Si rivolge ai suoi concittadini rievocando la Grande Guerra Patriottica, di quella guerra il suo esercito utilizza le tecniche e la stessa artiglieria pesante. Ma la Storia procede, sempre, inesorabilmente in avanti; anche quando sembra si stia tornando indietro nel tempo, in realtà se ne sta solo modificando o accelerando il corso futuro.
Cambio di paradigma in politica ed economia

Senza nemmeno salire su una DeLorean, Putin ha riportato indietro le lancette dell’orologio della Storia. Si rivolge ai suoi concittadini rievocando la Grande Guerra Patriottica, di quella guerra il suo esercito utilizza le tecniche e la stessa artiglieria pesante. Ma la Storia procede, sempre, inesorabilmente in avanti; anche quando sembra si stia tornando indietro nel tempo, in realtà se ne sta solo modificando o accelerando il corso futuro.
La guerra in Ucraina cambia la direzione del futuro immediato prima di tutto in Russia. L’isolamento internazionale comincia a pesare sull’economia interna, si diffonde il dissenso e le pratiche del suo contenimento, anche loro vecchie di decenni, devono adeguarsi a giovani generazioni abituate alla comunicazione digitale. L’azzardo di Putin riporta con prepotenza la Russia nella ridefinizione dei blocchi di influenza economica e ideologica, rompe la dualità di Stati Uniti e Cina per un mondo che,
secondo Mosca, dovrebbe essere diviso in tre grandi aree di influenza di potere: la Cina nell’area indo-pacifica, la Russia in Europa, in grado di condizionare le decisioni della stessa Unione Europea, gli Stati Uniti destinati al declino secolare.

In questa grande incertezza prende velocità il passaggio, già messo in moto dalla pandemia, verso una nuova fase della globalizzazione. Cambia radicalmente il mercato globale come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi: probabilmente sono destinati a finire lo spostamento veloce delle merci, la frammentazione dei processi produttivi, l’efficienza dei costi e gli alti margini.

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR
Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

Termina l’esperienza dell’economia “just in time”, resa possibile dalla tecnologia digitale e dagli alti standard di efficienza nei trasporti e nella logistica. Un modello produttivo molto efficiente che esige però, come precondizione, alti livelli di cooperazione internazionale. La pandemia aveva già sferrato un colpo duro, la guerra in Ucraina supera definitivamente il modello della frammentazione delle catene del valore globale. Il ritorno al confronto tra blocchi di influenza, come nei decenni della Guerra Fredda, apre la nuova fase dell’economia “just in case”. Le catene delle forniture vengono riconfigurate non sulla base dell’efficienza dei costi ma della affidabilità e del controllo, gli approvvigionamenti vengo avvicinati per ridurre la dipendenza dalle spedizioni da altri paesi.

Aumentano affidabilità e controllo ma, parimenti, aumentano i costi. Caratteristica distintiva dell’economia “just in time” è l’iper-efficienza, il modello “just in case” comporta maggiori costi che concorreranno per la loro parte alla dinamica dei prezzi. Con l’inflazione, fenomeno sconosciuto nell’avvento della globalizzazione, e con il rallentamento della crescita si ripresentano le paure della stagflazione, quella perversa condizione economica di alta inflazione e crescita bassa o stagnante sperimentata negli anni Settanta.

Ma gli scenari economici non presentano quasi mai contorni definiti, richiamano più la tecnica di Pollock che le linee precise di Mondrian. A fronte dell’incertezza degli esiti della guerra e delle conseguenze sull’inflazione, la crescita economica globale rallenta ma non si interrompe; negli Stati Uniti il valore di 58,6 dell’indice ISM manifatturiero in febbraio è stato superiore al dato di gennaio, l’economia americana resta sul sentiero di crescita e conferma la forza della domanda che concorre a sostenere i prezzi delle materie prime.

Le attese degli utili restano positive, prosegue la creazione di nuovi posti di lavoro. Powell è stato di parola, l’aumento di 25 punti base del tasso ufficiale segnala la volontà di riprendere il controllo dell’aumento dei prezzi e, soprattutto, delle aspettative dell’inflazione. La Federal Reserve deve recuperare terreno ma per il momento, con tassi reali negativi, resta “dietro la curva”.

Parlare di rischi di rallentamento non significa che l’esito nella recessione sia scritto sulla pietra, gli avvenimenti in Ucraina e gli esiti degli sforzi diplomatici porteranno maggiore chiarezza nelle prossime settimane. L’incertezza politica avvolge e rende imperscrutabile lo scenario economico e il vero rischio è un errore di policy delle banche centrali. Per il risparmiatore, la difesa contro l’inflazione è offerta da strumenti di investimento che diano protezione “reale” come le azioni, direttamente associate alla crescita economica. La difesa dalla volatilità è nella diversificazione “intelligente”, quella cioè attenta alle proprietà di decorrelazione tra asset class, e nella gestione attiva, la selettività è lo strumento affilato che sceglie, distingue, differenzia.

A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

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