I policymaker iniziano a sentire la pressione in vista della settimana dei mercati monetari.
I dati sull’inflazione negli Stati Uniti di questa settimana hanno registrato un nuovo record quarantennale sia headline che core. Sulla scia di ciò, i timori sull’inflazione hanno continuato a crescere, portando a speculazioni sul fatto che la Fed potrebbe annunciare un rialzo di 50 punti base già a marzo. Riteniamo che ciò sia improbabile e che siamo vicini al picco dell’inflazione.
Anche se continuiamo a ritenere che la discesa sarà più lenta di quanto molti si aspettino, pensiamo che la Fed inasprirà la politica a un ritmo misurato nei prossimi mesi, in linea con il ciclo di tightening del 2004-2006. Riteniamo che un aumento di 50 punti base potrebbe fare più male che bene, dato che potrebbe essere visto dai mercati come una tacita ammissione di un errore politico, che ha spinto i policymaker a frenare molto più bruscamente e che potrebbe aumentare il rischio di recessione nei trimestri a venire.
Dato che la Federal Reserve cercherà di continuare con l’espansione nel contesto del suo doppio mandato, ciò implica una risposta misurata alla normalizzazione della politica. In questo contesto, le proiezioni aggregate per quasi sette rialzi da parte della Fed – con i tassi che passerebbero all’1,65% alla fine del 2022 – sembrano adeguatamente prezzate, anche se manteniamo previsioni più ottimistiche per la crescita e l’inflazione nel 2023 e oltre, in grado di giustificare una tendenza alla short-duration sui tassi USA.
In Europa, i funzionari della BCE hanno cercato di evitare che i mercati prezzassero un aumento precoce dei tassi e un aumento degli spread sovrani sulla scia dei commenti da falco di Lagarde dopo la riunione del Consiglio direttivo della scorsa settimana.
I mercati monetari dell’Eurozona hanno scontato oltre 130 punti base di rialzi dei tassi prima della fine del 2023. Questa traiettoria implica un rialzo quest’estate, nonostante le assicurazioni che ciò non avverrà prima della fine del programma di QE di acquisti attivi, attualmente prevista verso la fine del 2022.
Tuttavia, sulla scia degli ultimi dati sull’inflazione della zona euro al 5,1%, che hanno superato le aspettative del consensus, c’è un limite entro cui la BCE può mitigare il suo atteggiamento da falco senza perdere credibilità. Garantire la stabilità dei prezzi è il mandato dell’Eurotower e sembra chiaro che le pesanti revisioni delle previsioni nel corso della prossima riunione della BCE di marzo fungeranno da pretesto per le decisioni che seguiranno nei mesi a venire.
Tuttavia, abbiamo fiducia nel fatto che i dati sull’inflazione in arrivo potrebbero indicare una moderazione in arrivo presto nell’Eurozona. Di conseguenza, è possibile che i dati aiuteranno a salvare la BCE nei mesi a venire e ad alleviare le pressioni che la spingerebbero ad agire in modo troppo aggressivo. Dal nostro punto di vista, le aspettative di inflazione della zona euro sono più fortemente ancorate rispetto a molti altri mercati sviluppati, quindi la pressione sull’Eurotower potrebbe diminuire una volta che l’inflazione sembrerà tornare verso il target.
Nonostante ciò, riteniamo che il tasso sui depositi dell’Eurozona salirà allo 0% all’inizio del prossimo anno, via via che la BCE cerca di normalizzare la politica monetaria. Tuttavia, in seguito potrebbe aumentare, anche se lentamente, se l’inflazione dovesse tornare su un livello compreso all’interno dell’intervallo target dell’Eurotower.
Sulla base di questo, riteniamo che i mercati monetari dell’Eurozona si siano mossi per prezzare uno scenario falco per la BCE. I rischi sono ora sbilanciati verso un’Eurotower che non riuscirà a portare a termine il numero di rialzi previsto. Di conseguenza, favoriamo una posizione tattica lunga sulla zona euro, e abbiamo aggiunto duration puntando sulla parte anteriore della curva dei rendimenti.
Il problema più grande per la BCE è però quello che succederà agli spread quando la banca centrale si orienterà in una direzione da falco. I membri del consiglio direttivo sembrano felici di assumere che la stabilità della moneta unica possa essere data per scontata in questi giorni, nello stesso modo in cui la stabilità dei prezzi era data per scontata solo pochi mesi fa.
In questo contesto, si potrebbe pensare che gli spread troveranno un nuovo prezzo di compensazione, che rappresenta un equilibrio di mercato, nel momento in cui la BCE farà un passo indietro. Tuttavia, c’è un pericolo insito in ciò, e ci sembra che Lagarde sia inconsapevole di aver dato al mercato il via libera per spingere gli spread ad allargarsi. Con l’aumento degli spread periferici, pensiamo che sia improbabile ritenere credibile un piano che preveda di utilizzare esclusivamente i reinvestimenti dei rimborsi del PEPP come base di un backstop.
In un mondo diverso, l’Eurotower potrebbe quindi decidere di continuare a mantenere invariati gli acquisti di asset per assicurare una trasmissione regolare della politica, anche mentre alza i tassi. Ma questo sembra improbabile, dato che i falchi sono ansiosi di mettere la parola fine all’era degli acquisti di asset. Un nuovo capitolo della crisi dei titoli sovrani dell’Eurozona potrebbe verificarsi se la BCE si distraesse, anche se questo a sua volta potrebbe finire per essere un fattore di sostegno ai Bund in un flight to quality.
Altrove, continuiamo ad aspettarci che l’inflazione del Regno Unito sorprenda al rialzo. Nei prossimi mesi, molti prezzi regolamentati contribuiranno a farla salire: molto è stato fatto per il rialzo nelle bollette dell’energia domestica, mentre il settore alimentare e le telecomunicazioni saranno i prossimi fattori di aumento dei prezzi. Nel frattempo, molti contratti i cui prezzi sono legati all’inflazione sono destinati a risistemarsi anche mentre l’indice RPI si muove verso il 10%.
Le aspettative sull’inflazione si stanno disancorando, le richieste salariali stanno aumentando e l’unica cosa che impedisce alla Banca d’Inghilterra (BoE) di alzare i tassi è il timore che la crescita sia già deragliata sulla scia di una compressione del costo della vita.
Anche se riteniamo che l’inflazione dell’Eurozona sarà vicina al target alla fine di quest’anno, nel Regno Unito la stessa sembra destinata a rimanere sopra al 5% fino al 2023. In questo contesto, tassi britannici più alti e rendimenti dei Gilt più elevati sembrano inevitabili, indipendentemente dalle conseguenze sulla crescita.
L’euro ha guadagnato sulla scia della riunione della BCE. Più in generale, il Forex dei mercati emergenti ha continuato a scambiare bene dall’inizio dell’anno, nonostante i continui rischi sul fronte russo. Anche se l’inflazione continua a sorprendere al rialzo in alcuni Paesi, come nel caso della Colombia e del Cile questa settimana, c’è la sensazione che nel corso del 2021 molte banche centrali dei mercati emergenti si siano mosse per aumentare i tassi in modo piuttosto aggressivo, spingendo i tassi reali in territorio positivo, in contrasto con i tassi reali negativi in molti paesi sviluppati. Questo significa che il carry è attraente e ci sono maggiori speranze che l’inflazione possa aver raggiunto il picco.
Un contesto tecnico positivo è suggerito anche dal fatto che ci sia una bassa allocazione sulle valute dei mercati emergenti. Di conseguenza, potrebbe essere ancora un po’ presto per assumere una view rialzista sull’asset class, ma sembrano esserci meno ragioni per rimanere ribassisti rispetto a quanto accaduto per gran parte dell’anno scorso.
Gli spread del credito societario in Europa sono finiti sotto pressione dopo le riunioni della BoE e della BCE della scorsa settimana. La prospettiva di una fine del QE nella zona euro e delle vendite di obbligazioni societarie da parte della Banca Centrale nel Regno Unito ha visto gli investitori guardare con nervosismo ai livelli di spread molto più ampi che avevano prevalso nel periodo precedente all’inizio degli acquisti del QE nel 2018.
La sottoperformance degli spread creditizi nell’area significa che gli spread rispetto ai Titoli di Stato sottostanti sono ora notevolmente più ampi rispetto a quelli del mercato statunitense, e questo dovrebbe fungere da stabilizzatore.
Tuttavia, rimane difficile adottare un atteggiamento troppo costruttivo sugli spread in un momento in cui le Banche Centrali a livello globale sono destinate a ritirare la liquidità, che ha contribuito a gonfiare le valutazioni degli asset nei periodi precedenti.
Ciononostante, riteniamo anche che sia inopportuno mantenere una visione troppo ribassista, data la nostra valutazione di fondo secondo cui la crescita negli Stati Uniti e nell’UE rimarrà ben sostenuta, con un conseguente contesto costruttivo per gli utili corporate. Al momento, adottare una posizione piuttosto piatta e concentrarsi maggiormente sul valore relativo continua ad essere sensato a nostro avviso.
Guardando avanti
Abbiamo segnalato che le prossime due settimane potrebbero rappresentare un periodo più tranquillo a livello di flusso di notizie. Con le riunioni delle Banche Centrali fuori dai giochi, il prossimo catalizzatore che guiderà i mercati saranno i dati diffusi alla fine del mese e all’inizio di marzo.
Nel frattempo, la situazione Russia-Ucraina rimane un rischio, con alcuni teorici della cospirazione che sostengono che Putin stia ritardando l’azione fino a dopo le Olimpiadi invernali come favore a Xi. È difficile avere una visione informata sulla probabilità di un conflitto nelle prossime settimane, ma questa incertezza geopolitica è un motivo in più per procedere con cautela e non correre troppi rischi.
Più in generale, sembra che siamo in un mondo in cui l’inflazione sta aumentando la pressione sui policymaker a livello globale, che iniziano a sentire la tensione. Di questo passo, Trudeau non sarà l’unico a correre ai ripari con il passare dei mesi.
Commento di Mark Dowding, CIO di BlueBay