USA, tre ragioni per cui una vittoria di Biden favorirebbe gli emergenti

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Nonostante la ripresa che si è registrata da marzo ad oggi, il debito dei mercati emergenti può ancora un’asset class molto attraente

Infatti, ci aspettiamo che la crescita delle economie emergenti sovraperformerà quella dei paesi sviluppati sia nel 2020 che nel 2021. Inoltre, all’inizio della crisi da Covid-19, i bilanci pubblici dei mercati emergenti erano molto più solidi rispetto a quelli sviluppati. Il rapporto debito-Pil emergente è pari a meno della metà di quello sviluppato e sta crescendo più lentamente. Per di più, dato che una percentuale crescente del debito emergente è denominato in valuta locale, i policymaker sono in grado di lasciar svalutare la propria moneta per dare una spinta alla crescita senza incrementare più di tanto i passivi in bilancio. Infine, i tassi USA sono sui minimi storici e vi rimarranno probabilmente per 12-18 mesi: di conseguenza, i costi del debito sono molto più gestibili rispetto alle crisi passate.

Per quanto riguarda invece le valutazioni, il debito emergente continua ad apparire attraente sia a confronto con altri periodi storici, sia rispetto ad altre asset class obbligazionarie.

Guardando avanti, crediamo che il trend di lungo termine per il dollaro sia quello di un indebolimento. L’aumento del deficit negli USA storicamente ha messo sotto pressione il biglietto verde. Ancora più importante, negli ultimi anni il dollaro ha beneficiato di flussi di capitale grazie ai rendimenti reali più elevati rispetto ad altri mercati sviluppati. Via via che la Fed ha ridotto i tassi, questo divario si è colmato, riducendo l’attrattività della valuta statunitense. Tuttavia, affinché il forex emergente passi veramente in vantaggio, dovremo vedere un proseguimento della ripresa globale.

L’impatto delle elezioni USA per i mercati emergenti
Un aspetto importante da sottolineare è che i risultati delle elezioni USA, ormai alle porte, potrebbero avere implicazioni significative per i mercati emergenti. Nello specifico, vi sono tre elementi delle politiche governative statunitensi che negli ultimi 4 anni sono risultati particolarmente negativi per gli emergenti:
1) Le politiche fiscali espansive, che hanno innescato misure monetarie meno accomodanti da parte della Fed, senza d’altra parte stimolare più di tanto la crescita globale;
2) Il deterioramento delle relazioni USA-Cina, che ha portato a un rallentamento del commercio globale a un indebolimento della valuta cinese per via dei dazi, con un impatto negativo sulle divise emergenti;
3) Gli effetti collaterali della politica estera degli Stati Uniti negli ultimi anni: le sanzioni economiche hanno catalizzato delle crisi in diversi Paesi, mentre l’imprevedibilità degli USA e il loro ritiro dalle istituzioni globali hanno contribuito a far aumentare i premi di rischio.

Considerando questi elementi, una potenziale Amministrazione Biden sarebbe più favorevole per i mercati emergenti, per tre principali ragioni:
1) Deflussi dagli asset in dollari. L’aumento delle tasse proposto da Biden renderebbe gli asset statunitensi meno attraenti e, insieme all’intenzione della Fed di mantenere i tassi su livelli minimi per un lungo periodo, ciò dovrebbe generare deflussi dagli asset in dollari, a beneficio degli emergenti.
2) Spese infrastrutturali. Biden vuole portare avanti un ambizioso programma di spese in infrastrutture che, sommandosi alla ripresa post-Covid nel resto del mondo, dovrebbe dare una spinta ai prezzi delle commodity.
3) Politica estera più ortodossa. Biden ha promesso di riprendere il dialogo con gli alleati internazionali sul commercio. Non ci aspettiamo che le relazioni USA-Cina tornerebbero ai livelli dell’era Obama, tuttavia un approccio più multilaterale ridurrebbe il rischio di un’ulteriore escalation dei dazi. In particolare, crediamo che un’Amministrazione Biden favorirebbe un rialzo economico per Europa e America Latina. Più in generale, i mercati emergenti dovrebbero beneficiare di una maggiore prevedibilità e di un approccio più ortodosso alla politica estera da parte degli USA. Ciò farebbe ridurre il premio per il rischio geopolitico, che è aumentato durante l’Amministrazione Trump.

I rischi principali per gli emergenti
I rischi più preoccupanti per l’asset class al momento riguardano innanzitutto lo sviluppo della pandemia e l’eventualità di un nuovo lockdown, che avrebbe gravi ripercussioni economiche.

Un secondo rischio, collegato, è quello di delusioni riguardo a sviluppo, produzione e distribuzione di un vaccino efficace contro il coronavirus. I mercati sembrano credere che l’approvazione avverrà entro la fine dell’anno e il vaccino sarà ampiamente disponibile nel 2021. Se tale ottimismo dovesse incrinarsi, ciò potrebbe avere un grave effetto negativo sul sentiment dei mercati finanziari e dell’economia globale.

Infine, la volatilità provocata dalle elezioni USA potrebbe avere un impatto sul mercato nei giorni precedenti e probabilmente in quelli successivi al voto.

Il 2020 è stato l’anno della liquidità – i livelli raggiunti nel terzo trimestre 2020 sono i più alti di sempre. Tuttavia, nel 2021 crediamo che l’attenzione degli investitori si sposterà nuovamente sulla sostenibilità del debito, data l’ampiezza dei deficit fiscali e il margine ridotto per ulteriori allentamenti fiscali o monetari. In questo contesto, distinguere tra i Paesi più solidi e quelli più vulnerabili – come Zambia, Sri Lanka, Libano e Argentina (nonostante la recente ristrutturazione) – sarà essenziale.

Commento a cura di Anisha Goodly, Emerging Markets Portfolio Specialist, TCW

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